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Lo Stato contro Fritz Bauer

Regia di Lars Kraume vedi scheda film

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La recensione su Lo Stato contro Fritz Bauer

di lamiaopinione
8 stelle

La vicenda reale di un alto magistrato, ebreo tedesco, che nel dopoguerra combatte la sua lotta perché sia fatta giustizia. Un film avvincente come un thriller, dalla regia asciutta e priva di sbavature retoriche, che mette in luce il conflitto etico tra l'esigenza di dimenticare per andare avanti e quella di chiudere i conti con la storia.

Fritz Bauer, un giurista, un ebreo tedesco prima oppositore come socialdemocratico del nazismo, poi esule in danimarca, infine procuratore generale in Germania negli anni '50, quando il paese, orribilmente straziato a causa della guerra folle del dittatore, sta cercando la sua pace interna sotto l'ala paterna di Adenauer. Ma gli animi sono divisi: chi vuole dimenticare in fretta una storia amara e scomoda, chi vuole riportare il Male alla luce del sole perché sia fatta giustizia. Bauer è uno di questi, sostenuto dal suo solido sistema etico, non solo di magistrato, ma di rappresentante della tradizione giudaico-cristiana che ha fatto del binomio colpa - espiazione il suo perno centrale. Non si può lavar via il passato con l'acqua dell'oblio, non si possono lasciar vivere impunemente, in seno alla società civile, mostri che hanno ideato e poi scientificamente realizzato l'idea orrenda quanto folle di eliminare fisicamente tutti gli individui non rispondenti alla visione di un mondo modellato sulla base dei deliranti valori dell'ideologia nazista. Bauer, un vecchio pieno di acciacchi, afflitto da una solitudine che non è solo fisica ma generazionale e morale, ritrova un'energia sovrumana nella ferrea volontà  di perseguire i colpevoli, ovunque essi siano. E una lettera giunta da lontano gli darà l'occasione di ottenere la sua più grande vittoria, ma di subire al contempo la sua più amara sconfitta. Il film traccia il ritratto di un uomo pensante dei nostri tempi, commovente nella sua fragilità e nei suoi scontrosi silenzi, un volto che si anima nel tessere la tela di ragno che catturerà il malvagio e si affloscia in una vizza rete di rughe quando i magheggi dei suoi avversari hanno la meglio. Anche lui in fondo - se ne renderà conto ben presto - rincorre un'idea utopistica del mondo, pur se di segno opposto a quella hitleriana.. Gli fa da contrappunto, grazie ad una scelta cinematografica di indubbio effetto, il collaboratore che si sceglie come aiutante nella lotta che sta per intraprendere: un giovane magistrato idealista, ma schiavo delle sue debolezze. Egli assorbe  come ossigeno la ricchezza degli insegnamenti del vecchio, che scaturiscono, più che dalle sue scarne parole, dalla coerenza adamantina del suo agire, e finisce per esserne fatalmente travolto. Un vibrante esempio di trasmissione di un patrimonio etico da una generazione all'altra, raccontato sottovoce, senza sbavature retoriche, quasi con pudore. La recitazione  è intensa e asciutta, il ritmo serrato, l'ambientazione essenziale ma efficace, i primi piani dominanti, a scavare le anime. Ho visto queso film ieri, in anteprima, al Goethe Institut di Roma, in una sala gremita da un pubblico per lo più di lingua tedesca. Applausi entusiasti alla fine: a che cosa? Alla grande qualità del film o al forte messaggio morale che risveglia le coscienze?

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