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L'ultimo tramonto sulla terra dei McMasters

Regia di Alf Kjellin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'ultimo tramonto sulla terra dei McMasters

di sasso67
8 stelle

Ottimo film western del filone progressista, tipico dell'inizio degli anni settanta, con capostipiti opere some "Soldato blu" (1970), "Il piccolo grande uomo" (1970) e "L'uomo chiamato cavallo" (1970). Girato da un regista svedese attivo ormai da anni in America, dove lavorava molto anche per la televisione, "L'ultimo tramonto sulla terra dei McMasters" figurativamente risente dello stile televisivo, ma ha un solido impianto narrativo ed è apprezzabile dal punto di vista ideologico. Si tratta di un racconto antirazzista che potremmo definire triangolare, nel senso che qui si confrontano e scontrano i bianchi, i neri e gli indiani. Mentre i bianchi (la maggior parte di loro, ché ce ne sono anche di bravi) non sopportano che i neri possano avere un ruolo diverso da quello di schiavi (sostengono addirittura che i "negri" non hanno l'anima), gli indiani li considerano uguali ai bianchi, perché anche il buon Benjie utilizza la terra come fanno gli allevatori del posto, mettendo i recinti e marchiando il bestiame. Viene qui alla mente un elemento curioso che si trova nel libro di Thomas Berger "Il piccolo grande uomo", dove i pellerossa definiscono un personaggio di colore "l'uomo bianco nero", nel senso che, pur avendo la pelle scura, l'afroamericano ha ormai assunto, una volta liberato dalla schiavitù, tutti i comportamenti dell'invasore viso pallido.
Esistono ancora gli eroi, sembra dire questo piccolo western crepuscolare, anche se non sono coloro che sterminano con eguale ferocia bufali e pellerossa, ma sono quelli che lottano e muoiono per un mondo più giusto, come l'anziano McMasters o il più giovane Spencer che tentano di difendere i diritti di Benjie. Il finale, con gli indiani che intervengono a salvare la vita del protagonista, è un po' utopico e illusorio, però, per una volta, fa tirare un sospiro di sollievo.
È davvero buona l'interpretazione di tutto il cast, da Brock Peters (1927-2005) alla hongkonghese Nancy Kwan che interpreta la moglie indiana, senza dimenticare gli anziani Burl Ives (1909-1995), Jack Palance (1919-2006), ancora una volta con la maschera del supercattivo, fino a R. G. Armstrong (classe 1917), nella parte di un negoziante filisteo e vigliacco.

Sulla trama

Allevato fin da ragazzino dal possidente McMasters, Benjie, giovane di colore, dopo avere combattuto nella Guerra di Secessione nelle file dell'esercito nordista, torna a casa in uno degli stati del Sud, dove ancora vorrebbero vedere i "negri" soltanto come schiavi. Associato nell'attività di allevatore dall'anziano McMasters, che gli dà anche il proprio cognome, Benjie viene continuamente tartassato dai bianchi razzisti del luogo, disposti anche a rilevare il ranch di McMasters, pur di non vederlo nelle mani di un "muso nero".

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