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La legge della giungla

Regia di Antonin Peretjatko vedi scheda film

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La recensione su La legge della giungla

di supadany
4 stelle

Tff 34 – Festa Mobile.      

La loi de la jungle rientra in quella ristretta categoria di titoli abbastanza bizzarri, o semplicemente imprendibili, da poter creare una distanza siderale tra i giudizi.

Si parte comunque da una certezza; siamo in un ambito quanto più possibile lontano dalla tipica commedia francese che in questi anni riesce a furoreggiare, almeno in alcuni casi, anche in Italia.

Mentre è alla disperata ricerca di un impiego, Marc Châtaigne (Vincent Macaigne) riceve un incarico ministeriale da stagista che lo scaglia dall’altra parte del globo; per la precisione in Guyana (Amazzonia) dove un progetto folle prevede la realizzazione di una pista da sci.

Se la giungla non è esattamente ospitale come lo può essere Parigi, Marc dovrà vedersela da vicino anche con Tarzan (Vimala Pons), un’avvenente collega difficile da contenere.

 

Vimala Pons, Vincent Macaigne

La loi de la jungle (2016): Vimala Pons, Vincent Macaigne

 

Mettendo al bando la compostezza, l’eleganza e l’armonia della commedia francese, il regista Antonin Peretjatko fornisce un (sotto)fondo di logicità - sbeffeggiare alcuni punti di vista storicamente francesi, come una visione in grande che è istantaneamente traducibile nell’indole imperialista – ma soprattutto parte in quarta in ogni direzione comica investendo (calpestando) qualunque cosa, nel segno dell’irriverenza.

Felicemente anarchico, propositore di una satira che cambia continuamente pelle, scriteriato addirittura prima di aprire le danze, La loi de la jungle per chi scrive ha un problema enorme: l’umorismo finisce con l’essere troppo di frequente fuori fuoco.

Se è vero che tutto può succedere e che le regole possono anche essere bandite, le battute si sovrappongono, ma per qualità è un po’ come pescare un terno al lotto: può capitare il colpo di fortuna (sì, ne capitano diversi) ma generalmente la puntata va a vuoto.

Al di là quindi di un substrato sufficientemente consistente – il già citato spirito imperialista, lo stagista vessato, un prototipo fantozziano, e uno sberleffo alle norme europee – è proprio la comicità a lasciare dei dubbi e siamo pur sempre al cospetto di un’opera che realmente seria non lo è mai.

Pur in presenza di alcune espressioni effervescenti, il rischio è di provocare un numero maggiore di reazioni infelici; nessuna incertezza invece sulla presenza straripante di Vimala Pons, vera amazzone nel fisico e nell’anima, mentre Vincent Macaigne ha il phisique du role ma la sua validità è strettamente correlata all’esito, traballante, del copione.

Rimane un titolo curioso ma, rimanendo invischiati in un’odissea così assurda, il rischio di scottarsi è tra tutti i papabili, il più probabile.

Spericolato, soprattutto in chiave comica (che, stringendo, è la lettura più facile da attuare, quella da cui non si può fuggire). 

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