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Il club

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Il club

di champagne1
8 stelle

In uno sperduto paesino di pescatori sulla costa meridionale del Cile, una casa di proprietà della curia ospita quattro sacerdoti che scopriremo hanno commesso gravi peccati in passato e pertanto sono stati sospesi dal sacerdozio senza però essere stati espulsi dalla Chiesa. La piccola comunità, sorvegliata da una ex-suora, sembra aver raggiunto un equilibrio fra i piccoli piaceri della tavola e la passione per le gare fra levrieri (ne posseggono e allenano uno con grandi capacità atletiche).

Un giorno ad essi si unisce un quinto sacerdote, ma questo arrivo scatena una serie di eventi tragici che richiedono l’invio da parte di un giovane e carismatico prete-psicologo con il compito di comprendere se ci sono le condizioni per chiudere la casa….

 

 

Larraín costruisce un racconto con un ritmo crescente che raggiunge spasmi di tensione inaspettati, svelando mano mano livelli di abiezione tanto disturbanti quanto caratterizzati da una sorta di quiete malata. I vari personaggi parlano di atti di pedofilia, di commercio di neonati, di collaborazione con la dittatura senza alcun cenno di autocritica se non di pentimento.

Il prete-psicologo che conduce l’indagine interna si fa mano mano l’idea di un mondo di violenza e potere, dove tutti sono mostri e tutti sono vittime di un gioco più grande. Emerge soprattutto lo stesso sistema di potere e di controllo della Chiesa che, essendo incentrato sul concetto di “peccato”, si nutre dei conseguenti meccanismi di condanna e assoluzione, pentimento e redenzione, fino a raggiungere alla fine una sua logica autonoma e alternativa ai crismi della giustizia ufficiale.

 

 

Ed infatti sarà coerente la decisione del protagonista quando deciderà la “pena” da far scontare a quel miserrimo club, nella consapevolezza che la natura umana vive in una scala di grigi ed è sempre difficile riconoscere bianco e nero, bene e male.

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