Regia di Jan-Willem van Ewijk vedi scheda film
...il protagonista è il mare e il giovane Fettah e il suo windsurf...
L’interprete assoluto di questo film è il mare o meglio l’oceano, di giorno, di notte, con onde lunghe e arrabbiate o calmo e tranquillo.
L’altro interprete è Fettah, un giovane marocchino che è un dio del windsurf. Lui vive sempre attaccato a una tavola a vela e negli spostamenti, a terra, usa la piccola vela come un rifugio per la notte.
Fettah è di una famiglia di pescatori, ospita ogni tanto europei che vanno a fare windsurf e a imparare da lui. Ci sono pochi dialoghi nel film e c’è un’evocativa voce fuori campo che interviene di tanto in tanto con poche parole che lasciano pensare che la madre di Fettah si morta in mare. Non si sa altro. I paesaggi del film sono l’oceano, potente e affascinate, su cui la tavola di Fettah vola con ogni tempo, di giorno e di notte. Lo scopo di Fettah è di andare via dal Marocco e raggiungere dopo 300 miglia di navigazione un paese europeo e di avere lì un’altra vita. Il film finisce con l’inizio di questo viaggio.
E’ un film basato sulla semplicità dei personaggi che si incontrano, la povertà (che non è miseria) delle loro case, la dignità di queste persone che portano avanti una vita di sacrifici che gli europei che arrivano in vacanza non riescono nemmeno a immaginare.
Bellissimo l’incontro a terra con un poverissimo e vecchio pescatore che vive in una catapecchia e che offre da mangiare e compagnia a Fettah che era arrivato con il windsurf a sera tardi lì vicino.
Un film da apprezzare per le scene, per le riprese dell’oceano in ogni situazione e per la limpidezza dei personaggi.
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