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Bleed - Più forte del destino

Regia di Ben Younger vedi scheda film

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La recensione su Bleed - Più forte del destino

di Furetto60
6 stelle

Biopic sulla vita del pugile italo-americano Vinny Pazienza. Convenzionale la storia, ma ottima la performance dei protagonisti

Storia vera di Vinny Pazienza, pugile italoamericano, che viveva ancora con la famiglia a Providence, Rhode Island, famoso sia per le sue strepitose vittorie sul ring,ma spesso le buscava, incassando comunque con gran dignità, ma anche per la sua vita privatapiuttosto  eccentrica. Molto cuore e coraggio, poca tecnica, riuscì comunque a diventare campione del mondo nella sua categoria. Un giorno però rimase vittima di un terribile incidente automobilistico, in cui riportò la frattura di due vertebre del collo, in sostanza fu un miracolo che fosse sopravvissuto, ma rischiò di restare paralizzato dalla vita in giù. Ciononostante, e malgrado lo scetticismo dei suoi stessi familiari e di manager e sportivi, in virtù di una indomita determinazione, sfidando il responso dei medici, con l’aiuto di Kevin Rooney, riprese ad allenarsi con un’armatura piantata nelle spalle e nella testa. Dopodiché anche se rimesso miracolosamente in sesto, dovette trovare un avversario, disposto a combattere, cosa difficile in quanto tutti temevano di compromettere in modo irreversibile il suo già precario stato fisico. Ma nel nome del Dio denaro alla fine si supera qualsiasi ostacolo ed ecco che arrivò la sfida leggendaria con Robert Duran.  Il pugilato al cinema si configura come un genere vero e proprio, si pensi a “Toro scatenato” e alla saga di “Rocky”. L'arena sportiva è spesso un utile contesto in cui calare storie di persone e di vita vissuta “Non paro i colpi, la mia difesa è sferrare pugni in attacco”. Questa la frase manifesto,che sciorinò al suo allenatore durante un incontro che volgeva al peggio. Pazienza è stato un pugile diverso dagli altri, spontaneo, poco calcolatore, di quelli che il cinema ha sempre amato. Smargiasso e provocatore, tenace e grande incassatore, di talento non ne aveva troppo, di volontà tantissima, ma soprattutto il coraggio, quello che lo indusse a scegliere di rimuovere quell’armamentario medievale dal suo capo, senza ricorrere all’anestesia, in quanto ripudiava qualsiasi tipo di droga. Non può mancare in una siffatta storia, un allenatore, meglio se tormentato e strapazzato dalla vita e con un certo debole per la bottiglia e per le notti insonni. Ci pensa il sempre bravo Aaron Eckhart, con stempiatura d’ordinanza e chili in eccesso. Ogni sportivo che gareggia, ha diverse lotte da combattere, prima con l’avversario, poi con l’età che avanza e soprattutto con i propri demoni interiori, quelli sono i più feroci, in quanto non si sa bene come affrontarli. Difficile comprendere le motivazioni che hanno spinto Pazienza a tenere duro, a tornare ad allenarsi in condizioni pazzesche, imprigionato in una sorta di gabbia conficcata nel suo cranio, invece che dar retta ai sanitari, attaccare i guantoni al chiodo e prepararsi a una nuova vita. Il regista ci racconta di lui, della sua carriera e del suo incredibile recupero. Miles Teller conferma il suo talento e insieme a Eckhart, sollevano il livello di una storia altrimenti piuttosto convenzionale, dandole compattezza e credibilità. Quella di un boxer indomito, con una determinazione eccezionale, a cui non interessava solo camminare, ma tornare sul ring. Le cronache recenti ci riferiscono episodi poco edificanti sul conto di questo ex atleta, un’aggressione per questioni di soldi e denunce per violenze domestiche. Anche questo non sorprende più di tanto. Gestire il successo già è difficile, ma accettare l’oblio che inesorabilmente segue, è impresa ancora più ardua, alcuni ci riescono molti altri, perdono il contatto con la realtà e finiscono male

 

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