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Putney Swope

Regia di Robert Downey Sr. vedi scheda film

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La recensione su Putney Swope

di mm40
4 stelle

Putney Swope è l’unico membro di colore del consiglio d’amministrazione di una grande ditta di pubblicità. Eletto per errore a capo del consiglio, mette in atto cambiamenti radicali che ottengono successo, pur fra mille polemiche.

Un’idea del ‘sessantotto’ (in realtà da quelle parti la pacifica rivoluzione hippy ebbe luogo l’anno precedente, nel 1967) americano ce la può offrire questo film, una delle prime pellicole licenziate da Robert Downey Sr., naturalmente all’epoca semplicemente Robert Downey (anche se nei titoli di testa si fa accreditare aggiungendo enigmaticamente ‘a prince’). Più che dei figli dei fiori tout court, assurti a simboli di quel periodo di sconvolgimenti sociali, qui si parla del parallelo movimento di protesta da parte degli afroamericani, simboleggiati dal Putney Swope del titolo: dimesso impiegato qualsiasi, in mezzo ai colleghi bianchi, ma capace di diventare un vero squalo e di dettare inflessibilmente legge non appena messo a capo della ditta. Un trasformismo esemplare di un certo tipo di rivolgimento in atto nella stessa società statunitense di quegli anni: dalle nostre parti, oltre mezzo secolo più tardi un lavoro del genere risulta ancora troppo avanti. Le pecche della pellicola non sono comunque poche: la sceneggiatura dello stesso regista è frammentaria e procede a scatti, il ritmo non è affatto uniforme (accelerate improvvise si alternano a parti più statiche e verbose), la satira politicamente scorretta non va sempre a segno (non è chiaro il senso di un presidente degli Stati Uniti stupido e nano – cioè: la stupidità è anche plausibile, ma il nanismo sembra una trovatina fine a sé stessa) e soprattutto sfugge pian piano il senso di tutto il discorso dietro al lavoro, verso un finale che non risolve, non chiarisce, non definisce nulla. Arnold Johnson, Stanley Gottlieb, Ramon Gordon e Allen Garfield sono tra gli interpreti principali; in una particina dovrebbe comparire anche Mel Brooks, anche se chi scrive non ne ha trovato traccia. 4/10.

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