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Sivas

Regia di Kaan Mujdeci vedi scheda film

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La recensione su Sivas

di Kurtisonic
4 stelle

scena

Sivas (2014): scena

Il regista esordiente Mujdeci in un suo precedente documentario, aveva trattato lo stesso argomento di Sivas, l'approfondimento di realtà rurali della Turchia interna dove imperversano combattimenti fra cani. Che il nuovo cinema turco stia vivendo una stagione fortunata grazie soprattuto ad autori veri come Ceylan, è un dato certo, ma che il mercato fagocitante debba accettare la bontà di certi prodotti in base alla provenienza geografica è tutt'altra cosa. Proveniendo lui stesso da quel mondo, Mujdeci sa vedere con la giusta sensibilità i dettagli e i valori portanti di quell'anfratto sociale, rispecchiato sostanzialmente negli scenari assai spogli dell'Anatolia che si sovrappongono alle voci, ai pensieri, ai gesti anche piuttosto brutali e disturbanti con cui gli abitanti hanno a che fare per sopravvivere.  L'adattamento cinematografico a ciò che aveva già provato a documentare e che aveva destato interesse si avvale dell'accoppiata retorica per eccellenza, quella fra cane e bambino, la cui gestione richiede non solo una capacità di differenziarsi dal consueto rapporto infantilizzante fra uomo e animale, ma in questo caso di sfruttarne le potenzialità per incidere diversamente sulla realtà. Se intuibilmente diventa difficile farlo con il cane impegnato in truculenti duelli con i suoi simili (e che ingenuamente regia e produzione hanno evitato di corredare i titoli con qualche didascalia degna dei peggiori B-movies del passato specificando che gli animali non sono stati troppo maltrattati evitando le polemiche sterili..), chi deve spostare l'equilibrio dei valori in campo deve essere necessariamente il bambino. Non che tutto si concentri su di lui, ma se si mettono in moto altri personaggi e poi si dimenticano e l'uso di un sottotesto favolistico diventa un pretesto, il faccino sempre imbronciato del protagonista dovrebbe essere il centro comunicativo e di riferimento di una narrazione che si sviluppa con risultati forti. Il linguaggio prescelto rimane quello aderente alla realtà, e appare incoerente se non incredibile la presa di posizione sul possesso del cane da parte del bambino (l'animale creduto morto dopo un combattimento viene soccorso e adottato dal ragazzino che lo farà ancora combattere). La rappresentazione simbolica temporale non è giustificata nè da una presa di coscienza del bambino (il futuro), con il rapporto affettivo con il cane (il presente) e tantomeno con un confronto che appare insostenibile con il contesto adulto (il passato). Occorre forse un registro completamente diverso, astratto e irreale che apra o chiuda le possibili vie di soluzione ad una realtà così radicata senza invece affidarsi ad un messaggino finale pseudo moralistico che lascia davvero l'amaro in bocca. Nulla si toglie alla suggestioni delle immagini, alla scelta del materiale profilmico, ma l'impressione dominante resta quella di avere disseminato la scena con svariati elementi narrativi dei quali nessuno prende corpo. L'emotività al grado zero, almeno al di sopra dei sette anni non depone a favore di Sivas nemmeno da un punto di vista retorico e rende sostanzialmente l'operazione molto meno incisiva di quello che poteva essere. 

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