Regia di Robert Altman vedi scheda film
In circa cinquant'anni di carriera, Altman ha avuto alti e bassi cinematografici e tra i suoi bassi metterei questo Terapia di gruppo, che non si capisce se voglia essere una presa per i fondelli nei confronti di certa psicoanalisi oppure un pamphlet sull'immaturità della media borghesia americana dell'era reaganiana.
Ho l'impressione che nel film vi sia un eccesso di caricatura: le mamme sono troppo protettive, gli omosessuali troppo "checche" e le checche troppo isteriche e infine gli psicoanalisti troppo freudiani. È possibile che questa sensazione sia accentuata dal doppiaggio italiano, ma anche qualche opzione di casting non mi è sembrata azzeccatissima, e mi riferisco soprattutto alla scelta di Julie Hagerty, che era stata la hostess un po' ochetta della serie dell'Aereo più pazzo del mondo e l'altrettanto ochetta Dulcy in Una commedia sexy in una notte di mezza estate di Woody Allen: anche qui l'attrice è gestita e doppiata secondo questo canone espressivo. Ma, come quasi sempre accade, penso che il difetto sia nel manico, cioè nella pièce Beyond Therapy di Christopher Durang, che, nella migliore delle ipotesi, non mi pare nelle corde di Altman. La nevrosi che pervade il copione travolge inevitabilmente anche attori di valore come Glenda Jackson, Tom Conti e Jeff Goldblum. Per di più, l'ambientazione parigina in funzione newyorkese è quanto meno straniante.
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