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Ogni maledetto Natale

Regia di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo vedi scheda film

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La recensione su Ogni maledetto Natale

di scapigliato
7 stelle

Come ogni cosa nella vita, arriva un momento in cui il troppo storpia e a una stagione, purtroppo a volte anche molto lunga, segue finalmente una fase di riflusso, di rigetto, in cui nascono gli anticorpi che l’organismo necessitava per sopravvivere, o per lo meno, depurarsi. Dopo Alessandro Genovesi – e saltando a piedi pari le filmografie di Genovese, Miniero, Lucini, Brizzi – il trio di Boris, Ciarrapico-Torre-Vendruscolo, riprova, e con successo, se non proprio a ridefinire il canone comico italiano, almeno a perturbarlo con una sana commedia di situazione e caratteri, tutta giocata sulla classica verve della maschera – anche proprio in senso letterale visti i doppi ruoli dell’intero cast e Guzzanti vestendo i panni del cameriere filippino – e sulla bravura di un intero cast. Operazione difficile in un paese dove l’arte comica s’è persa nei labirinti dei palinsesti televisivi. Da Alessandro Cattelan, insospettabilmente credibile e a suo agio al suo esordio su grande schermo, all’istrionico Francesco Pannofino; dalla silenziosa Alessandra Mastronardi alla solita nevrotica – e qui almeno sostenibile – Laura Morante; da Mastandrea a Fresi, fino all’attore più emblematico del cinema italiano del nuovo secolo, ovvero, Marco Giallini, sempre solido, di mestiere, estremamente versatile. La commedia è disseminata di cattiverie e scorrettezze, che non sono però un contraltare smaccato dell’atmosfera natalizia, quanto piuttosto una tipizzazione di personaggi-sfottò facilmente rintracciabili nell’atlante faunistico italiano. Così la Morante che fa la Loren è perfettamente integrata in un affresco basso-popolare, carnasciale, di tipi rozzi, coatti, burini, stereotipati quanto si vuole, ma dotati anche di quella naïveté singolare che li caratterizza individualmente. Allo stesso modo, l’esilarante maschera del cameriere filippino di Guzzanti, gioca con il gusto del classico avanspettacolo, le imitazioni, senza però influenzare l’affresco finale. Il risultato è quindi una commedia che si libera da un lato della trivialità pecoreccia dei cinepanettone e dall’altro si libera della satira sociale e politica più impegnata – e quindi miope – per lasciare posto a un divertissement intelligente e originale, seppur peccando di qualche leggerezza e calo di ritmo e di verve comica lungo tutto l’arco della pellicola.

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