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Mateo

Regia di Maria Gamboa vedi scheda film

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La recensione su Mateo

di logos
7 stelle

Un’opera di testimonianza, di come una comunità locale della Colombia prenda coscienza di sé attraverso un lavoro comune di solidarietà per difendersi e liberarsi dall’estorsione di una banda di criminali capeggiata dallo zio di Mateo.

Mateo vive in un quartiere povero, ha appena 16 anni e subisce il fascino dello zio, fratello della mamma, la quale a sua volta ha chiuso i rapporti con un marito che, come suo fratello, viveva nell’illegalità e nel sopruso. Mateo non segue la scuola, è tutto preso dalla fiducia che ripone nello zio, il quale lo costringe con altri suoi coetanei a estorcere denaro dai vari mercati della zona. Si crede furbo per il denaro che riesce a racimolare, e non prova stima per una madre che, invece, con tutto il suo lavoro guadagna meno della metà. Tuttavia resta un minorenne, e per evitare di essere sospeso definitivamente dalla scuola è obbligato a frequentare un corso di recitazione seguito da ragazzi della sua età e diretto dal prete David.

Mateo, volendo, potrebbe anche rifiutarsi, ma un po’ per non creare troppe noie alla madre che continua a stressarlo, e soprattutto sotto consiglio dello stesso zio, deve frequentare il nuovo gruppo di teatro. Lo zio infatti è interessato a che Mateo vada a questo corso, perché raccolga informazioni sia sul gruppo ma soprattutto sul sacerdote, il quale, appena arrivato e con il suo carisma, può diventare un catalizzatore della comunità e un pericolo per la malavita.  

Inizialmente Mateo è diffidente, alza barriere di difese rispetto alla recitazione, alla poesia, al teatro, a tutti quei suoi coetanei che considera come delle checche per il semplice fatto che danzano, mimano e recitano versi che non riesce a comprenderne l’utilità. Eppure in lui qualcosa si smuove. Attraverso il teatro, acquisisce il dono invisibile dell’esistenza, quello di sapersi guardare dal di fuori e prendere coscienza di quel che è e di quel che vuole divenire per realizzare veramente se stesso. Perciò se la sua finalità iniziale è quella di estrapolare informazioni sul conto del prete e scoprirne i punti deboli, man mano che prende coscienza, attraverso un processo doloroso di mutamento interiore, i punti deboli li ritrova dentro di sé, e grazie al prete che gli fa da specchio incomincia a guardare il mondo con occhi nuovi. Sua madre diventa sua madre e lo zio un approfittatore, che abusa del lavoro altrui. Si tratta perciò anche di un viaggio di formazione, di come un ragazzino scopra piano piano il suo essere nel mondo, come esistenza che si desta, ma sempre all'interno di una comunita rappresentata dal sacerdote e dalla madre, che lo disturbano, lo spronano e ne tratteggiano le sofferenze, il pentimento e la rinascita.

 

 Il tutto viene girato senza retorica, con una ripresa corale, in cui centrali, nelle scene scarne, diventano i volti e i corpi, colti nella loro fatica quotidiana, attraverso i momenti della stanchezza, dell’affetto, della rabbia e del riscatto. Il limite sta nella didascalica contrapposizione tra il bene e il male, c’è poco spazio per la problematicità e le sfumature, anche se non bisogna dimenticare che si tratta di un’opera documento, che vuole testimoniare e denunciare costumi diffusi, e quanto sia indispensabile, di fronte a queste realtà sociali martoriate, la solidarietà che affiora dal basso, dal comune legame che tiene unite le persone e le risolleva dalle loro cadute.

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