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La prima neve

Regia di Andrea Segre vedi scheda film

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La recensione su La prima neve

di alan smithee
8 stelle

"Le cose che hanno lo stesso odore devono stare assieme".

"Si ma io non so più che odore ho".

Parla di famiglie incomplete il secondo film narrativo di Andrea Segre, a poco tempo di distanza dal precedente e riuscito "Io sono Li": nuclei umani ed affettivi separati per sempre dai casi e dai drammi inevitabili della vita.

Una madre e un figlio undicenne che vivono a casa del suocero e nonno apicoltore e falegname, alle pendici della montagna "vera", in Alto Adige, in una radura nei pressi del bosco; giovane vedova ed orfano decenne di un padre che solo alla fine la storia spiegherà a quale destino è andato incontro, lasciando nel dolore e col senso di colpa i propri cari sopravvissuti.

Un giovane padre del Togo immigrato da clandestino in Italia con una figlia neonata appresso e senza più una moglie e madre, scomparsa in circostanze che, anche in questo caso, la narrazione impiegherà il tempo necessario a spiegarne le dinamiche, anche in tal caso e forse ancora più drammatiche rispetto alla precedente, ammesso che si possa graduare e classificare per gravità un dolore immane come quello della perdita di un parente prossimo e consanguineo.

In un paesino di montagna dove convivono senza problemi emigranti, in attesa del visto da rifugiati politici che possa permettere loro di proseguire il viaggio della speranza, e popolazione locale, si intrecciano le vicende del biondo undicenne Michele e del nero e al suo confronto gigantesco Dani, inviato dai centri sociali ad aiutare in baita il nonno del primo. L'incapacità di accettare la scomparsa del padre da parte del primo, e quella altrettando dolorosa dell'adulto di riuscire a sopportare la perdita della giovane moglie, negli occhi della cui figlia l'uomo intravede esattamente le fattezze della defunta, si intersecano con abilità e acutezza narrativa, inducendo ed influenzando entrambi i protagonisti ad affrontare con una maturità ed una consapevolezza più completa una decisione cruciale per le rispettive esistenze.  

Segre riesce a raccontare storie di cuore e di maturazione che sono in grado di entrare nel vivo della sensibilità dello spettatore senza franare, ed il rischio è sempre in agguato pure stavolta, nel piagnisteo e nella retorica.

Anche in questo caso, come nel caso della Chioggia umida e livida di "Io sono Li", il paesaggio (questa volta le splendide vallate del Trentino nell'autunno che precede appunto "la prima neve") è molto più che uno sfondo e si erge a co-protagonista di una vicenda delicata e ben narrata, intrisa di intimismo e sentimento, ma con basi che poggiano su problemi come quello dell'immigrazione clandestina, più che mai oggi al centro di drammaticissime cronache da bollettino di guerra che caratterizzano gli ormai quotidiani sbarchi nei tristemente noti approdi isolani italiani, dopo gli sciagurati viaggi della speranza.

E se il ragazzino sveglio e tormentato e il suo nuovo amico grande e altrettando dilaniato da dubbi implacabili, interpretati con efficacia e sensibilità rispettivamente da Matteo Marchel e Jean-Christophe Folly, sono una coppia molto efficace a rappresentare con credibilità la sofferenza che non sa rassegnarsi, anche stavolta Segre offre ad attori più noti come il fido Battiston ed una intensa e commovente Anita Caprioli (una bellezza timida che, contrariamente a tutte le altre colleghe  attrici del mondo, si lascia volutamente trascurare finendo proprio per questo per apparire e farsi apprezzare maggiormente), ruoli solo apparentemnte secondari, testimoni pure loro di un disagio e di un isolamento che il candore della imminente, inevitabile e necessaria "prima neve" rende ancora più espliciti e non sempre facili da superare. 

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