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La gente che sta bene

Regia di Francesco Patierno vedi scheda film

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La recensione su La gente che sta bene

di marcopolo30
5 stelle

Comme-dramma contemporaneo ambientato nel mondo dell'avvocatura milanese. Buono lo spunto di partenza, un po' troppo arzigogolato il plot. Ottimo Abatantuono, male il protagonista Bisio.

L'adattamento per il grande schermo dell'omonimo romanzo di Federico Baccomo (che co-sceneggia il film) vorrebbe essere un graffiante comme-dramma sul fatuo mondo dell'alta società contemporanea. Ambirebbe insomma a fare ciò che Mario Monicelli o Dino Risi regolarmente facevano negli anni d'oro della commedia nostrana. Ok, il paragone con i nomi appena citati sarebbe estremo e lo evitiamo, ma senza far ricorso a esempi aurei, prendendo cioè “La gente che sta bene” come oggetto a se stante, il risultato sarebbe potuto essere molto buono. Per comprendere le ragioni per cui il film di Patierno 'sarebbe potuto essere molto buono' e non 'è molto buono' bisogna dare una rapida sbirciata al plot: Umberto Dorloni, avvocato milanese di successo tanto pieno di sé da essere l'unico a non aver compreso la magnitudine della propria vacuità, è uno spietato tagliatore di testa la cui vita è però inaspettatamente sul punto di andare a rotoli. Licenziato dallo studio legale presso cui lavorava, si rivela incapace di accettare la nuova situazione, preferendo continuare a fingere di essere sulla cresta dell'onda. Il caso lo porta a conoscere Patrizio Azzesi, vero re del foro, tanto affabile nelle apparenze quanto putiniano dentro. Il film incede così, certamente non privo di buone intuizioni e anzi assai ricco (forse troppo ricco) di colpi di scena fino a un The End alquanto posticcio (ben diverso da quello del romanzo di partenza, leggo). In ogni caso il vero limite della pellicola non è il finale, no. Il vero peso alle caviglie che zavorra l'opera di Patierno è Claudio Bisio. Non fraintendetemi, Bisio mi piace come cabarettista, gli voglio bene dai lontani tempi delle superiori, quando un compagno di classe portò in aula una registrazione della sua geniale “Senza fiato”. Come attore di cinema non è però al medesimo livello. Un grande attore lo riconosci dal fatto che mentre lo guardi dimentichi chi sia nella vita reale per identificarlo col personaggio che sta interpretando. Ora non voglio andare a citare Al Pacino o Meryl Streep, ma anche Diegone Abatantuono sa -quando vuole- far dimenticare chi è. Accade in questo film, senza andare a cercare troppo lontano, rendendo alla perfezione il mefistofelico avvocato Azzesi. Bisio no. Bisio è sempre Bisio che fa finta di essere qualcun'altro. In questo caso il protagonista dovrebbe essere un uomo privo di scrupoli e/o codici morali, borioso e arrivista, ma non un idiota. Bisio da invece l'impressione di interpretarne una parodia, finendo così inevitabilmente per far perdere di credibilità al tutto. Nel complesso, non un brutto film ma sicuramente una buona occasione sfruttata malino.

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