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Red 2

Regia di Dean Parisot vedi scheda film

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La recensione su Red 2

di M Valdemar
4 stelle

Risate effettivamente devitalizzate.

È bene chiarirlo subito: Red 2 è inferiore al primo spassoso capitolo. La misura di tale stato delle cose è data innanzitutto da una dispersione eccessiva ed incontrollata della forza “sovversiva”, dell’inestimabile effetto-sorpresa, della freschezza che animavano prepotentemente il titolo originario. Elementi che, seppur insiti nella natura bastarda e geneticamente derivativa di quella che è una creatura-sequel, subiscono appunto un calo oltre il lecito consentito.
Peccato: le risorse c’erano tutte; evidentemente la causa risiede in una cattiva gestione.
Lo script sembra perdere di vista il (geniale) fattore umano a disposizione per perdersi e confondersi - confondendoci - in un intricato e non di rado noioso (corto)circuito di convulse avventure in (masterizzata) salsa mission impossible (curioso: eventi nel Cremlino sia qui che nell’ultima fatica con protagonista Ethan Hunt …).
Stanca e strania assistere al bulimico affannoso cambio di location, alla riproposizione senza sosta delle medesime situazioni e azioni, alla scarsa attitudine a dare un minimo di senso ad una trama ovviamente inverosimile (ma l’esagerazione è … esagerata), alla stitica evacuazione dello humour (suvvia, uno sforzo in più, non è che ci voglia molto!); umorismo che si rivela essere quanto mai estemporaneo e moscio, stretto tra siparietti ripetitivi e riempitivi e personaggi-macchietta dalla prevedibile nonché moscia condotta.
Con l’incredibile risultato che quelli che costituivano i notevoli e rimarcati pregi del primo film, in Red 2 diventano difetti.
Si può ben comprendere dunque un minimo di irritazione per quello che passa sullo schermo; irritazione alimentata altresì da una regia sciatta e priva di mordente ad opera di Dean Parisot, il quale si limita a condurre le danze con fare impiegatizio e televisivo, credendo che basti qualche in­serto “fumettoso” sparato qua e là ad insaporire l’anonima messa in scena.
L'inserimento dei “rinforzi”, nuove entrate star di prima grandezza - fattore che crea sempre quel necessario sentimento di aspettativa in particolare quando si tratta di seguiti - non apporta purtroppo granché alla mestizia generale di quello che è, francamente, un pasticcio evitabile del quale non si può che rammaricarsi.
Si passa dall’ufficiale russo (che ha trascorsi sentimentali con il prode Bruce: “guai” amorosi in vista, mah: niente di meglio?) interpretata con fare detestabile da Catherine Zeta-Jones, all’impostore scienziato pazzo cui presta il volto (e tasche ben remunerate …) un Anthony Hopkins simpaticamente “assente” e svogliato, al bravo David Thewlis al quale non bastano i pochi minuti concessi per farsi apprezzare, a quella che è l’unica vera incisiva new entry, ossia il sudcoreano Byung-hun Lee, presenza formidabile il cui personaggio, un villain veramente azzeccato e interessante, rimane vittima di un’inopinata impudente conversione buonista nel caotico finale.
In sintesi, sono nel complesso innesti inefficaci a conferire vitalità e brio alla pellicola, vittime di uno spreco cui non si può certo guardare con benevolenza.
Poi, per carità, fa sempre un bell’effetto vedere il divertito (anche se un po’ meno divertente) Bruce Willis nel suo elemento naturale, o John Malkovich in vacanza da ruoli impegnati che rifà lo schizzato paranoico (ma perlopiù si riproduce in faccette stralunate, smorfie e frasi-sentenza strane disinnescando le potenzialità tragicomiche del personaggio), come pure l’impagabile Helen Mirren nelle vesti della spietata assassina.
Il fatto però è che tutto ciò si traduce tutt’al più in un contentino, per quanto talora piacevole, poiché è chiaro che, in assenza di una reale capacità di rinnovare il riuscito schema del precedente episodio, si è puntato tutto sull’usato sicuro garantito. Si spiegano così le involuzioni dei personaggi e delle loro relazioni (vedi quella, leziosa, tra Willis e la sprecatissima Mary-Louise Parker, ridotta a strabuzzare occhi e infilare un clichè dietro l’altro), il confusionario e indeciso mix di action e comedy che annacqua ogni possibilità in una minestrina riscaldata, il ritmo singhiozzante, il balordo sviluppo narrativo.
Insomma, depotenziata di molta della carica prorompente che aveva caratterizzato e fatto le fortune di Red, Red 2 si dimostra inaspettatamente un film mediocre nonché un seguito non necessario, in cui lo spasso vero latita, così come latitano le idee.
Se ci sarà una prossima puntata, speriamo che le ritrovino.

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