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Rapporti prefabbricati

Regia di Béla Tarr vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Rapporti prefabbricati

di Baliverna
7 stelle

In un falansterio della Budapest degli anni '80 una coppia va in crisi, e in tentativi di entrambi per rivitalizzare il matrimonio sono maldestri e fuori fuoco.

CONTIENE ANTICIPAZIONI - Bela Tarr è sempre stato un pessimista totale, anche nei primi anni della sua carriera. Lo dico perché una volta pensavo che il suo pessimismo fosse sopraggiunto con il passare degli anni. Quello che è cambiato nel corso del tempo è lo stile: qui è ancora più o meno tradizionale e il ritmo è relativamente sostenuto; più il là (Satantango) assisteremo all'estenuante dilatazione del tempo e prolungamento degli stacchi, con l'uso costante dei piani sequenza.
Quanto al contenuto, questa pellicola ci mostra una coppia come tante altre, che non ha niente di speciale, e che assiste all'inarrestabile crisi del loro matrimonio. I loro problemi sono quelli di infinite altre coppie. Pare che le responsabilità di questa degenerazione siano attribuite in parti uguali ad entrambi, e che nessuno sia solo colpevole o solo vittima. Lei, dunque, ama il marito ed è attaccata alla famiglia, però gestisce in modo sbagliato le intemperanze e le "inadempienze" di lui verso di sé. Molte volte ha ragione, ma il suo modo di esternare il problema sortisce l'effetto di peggiorare la situazione. Lo aggredisce, gli vomita addosso le accuse e le sue frustrazioni con voce stridula, fa scenate davanti a tutti (come al parco) e gli sta troppo addosso. Lui, dal canto suo, ha voglia d'evadere dal nucleo familiare. I colleghi del lavoro e altre amicizie gli sono preferibili rispetto alla moglie, ma non capisce che basterebbe un po' di tenerezza, qualche attenzione, e qualche ora in più passata a casa per tramutare la donna da bisbetica in una sposa affettuosa. Si instaura dunque un circolo vizioso tra le pressioni di lei e il ritrarsi di lui. Il marito è inoltre (diventato) molto monocorde quanto a interessi e passatempi: gli basta stare davanti alla TV con la birra in mano, e non ha occhi ed orecchi per la moglie e i due figli piccoli. E' evidente che si è immiserito umanamente e che non sia certo più un uomo che possa rendere orgogliosa la sua donna. La voglia di accettare un periodo di lavoro all'estero è - non solo ma anche - desiderio di fuga. Va anche detto che i timori di lei sono più che fondati: se lui starà via di casa due anni, che resterà del loro matrimonio e del rapporto con i figli? E' poi evidente che lui dia un eccessivo peso alla carriera e all'avanzamento sociale a scapito della famiglia, il quale esisteva e come anche nell'Ungheria comunista del 1981. Quando se ne va di casa (tornerà?) mostra proprio un'insensibilità di ghiaccio che non trova giustificazione, e persino una specie di crudeltà.
Il grigiore del mondo che viene dipinto è senza speranza, accentuato com'è da una fotografia coerentemente grigia. I casermoni di periferia in cui si svolge la storia fanno il resto.
E' un'opera interessante, che ha soprattutto il merito di fotografare con realismo ed efficacia una coppia in crisi come tante altre. Gli attori sono molto bravi, proprio perché sembra che non recitino affatto, e che semplicemente vivano quella situazione. Peccato per la parte centrale, con quella canzone e quel ballo così lunghi e stiracchiati.

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