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Il suono intorno

Regia di Kleber Mendonça Filho vedi scheda film

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La recensione su Il suono intorno

di OGM
8 stelle

La vita non esce dal quartiere. E dire che non ci troviamo in una fortezza, circondata da cancelli e recinzioni. Intorno a noi c’è soltanto un gruppo di case, una piccola parte della città di Recife, stretta tra le baracche della favela ed una foresta di torri in cemento armato, squadrate e modernissime, ed in costante espansione. Entrare, in quel luogo qualunque,  è davvero un gioco da ragazzi.  Forse è così facile che non c’è neanche gusto a provarci. D’altronde, a causare problemi e a turbare la tranquillità della zona provvedono già per proprio conto i residenti: alcuni onesti, altri un po’ delinquenti, ma tutta gente qualunque, alle prese con una infelicità che non c’è modo di scacciare via. Casalinghe, possidenti, figli di papà, donne di servizio e vigilantes sono parte di un’unica grande famiglia, definita come tale dalla convivenza all’interno di quello spazio ristretto che pure, per ognuno di loro, rappresenta l’universo intero. Lì dentro ci si ama, ci si odia, ci si incontra e ci si lascia, si cerca compagnia e si soffre la solitudine. Le esistenze di ricchi e poveri si mescolano, un po’ per caso, un po’ per necessità, fino a che ognuno si sente straniero in casa propria, sconosciuto agli amici, smarrito in un sovraffollamento che è nemico dell’intimità. Il cane dei vicini abbaia e tu non riesci a prendere sonno. I bambini scorrazzano per casa e dunque non puoi neppure fumare. Tua sorella ti viene a cercare per prenderti a schiaffi. Tuo cugino ha rubato il lettore di CD dall’auto della tua ragazza. Mentre sei sotto la doccia qualcuno usa la tua camera da letto. Il pericolo è ovunque, e nessuno è affidabile, a cominciare dal portiere del condominio, che dorme durante le ore di servizio.  In questo film la storia è la somma delle noiose incongruenze  che costituiscono una quotidianità collettiva dalla quale ognuno vorrebbe potersi defilare, per  sfuggire ad una realtà piena di intrusi, di invasori, di consanguinei che fanno da zavorra e da estranei con cui non è possibile intendersi.  Eppure nessuno pensa ad andarsene, ad uscire di lì una volta per tutte, per respirare aria nuova. Tutti rimangono dove sono, a sopportare senza reagire l’avvilente evidenza di un passato che svanisce – come il vecchio Francisco, che sta perdendo denaro e potere – e di un futuro che non arriva – come suo nipote João, bloccato sia sul piano professionale che su quello affettivo. In quell’ambiente asfittico ed impersonale, la colonna sonora dei giorni di tutti è il fastidioso rimbombo della presenza degli altri: un’eco stonata in mezzo ad un coro dall’accento sgradevole, dissonante perché artificioso, viziato dall’ipocrisia, o magari solo perché formato da voci affaticate dal perenne disaccordo con il resto del mondo.  O som ao redor trascina la sua torpida confusione e sconclusionatezza lungo il nulla della normalità chiusa in abitudini forzate, prive di slancio, incolonnate verso l’inevitabile fallimento. Si sta insieme e ci si illude, con ciò, di essere simili, anzi addirittura fratelli; e intanto si è perso l’autentico senso delle radici comuni, il rispetto per i legami di sangue, l’orgoglioso attaccamento alle cose tramandate dai padri. Questi valori esistevano, un tempo, ed erano, nel bene e nel male, il cardine della società brasiliana. Ora sono soltanto fuochi spenti, abbandonati in mezzo alla campagna, dopo che l’urbanizzazione di massa ha svuotato i paesi rurali e riempito i calderoni anonimi e cosmopoliti delle città. Ogni tanto  quelle fiamme riaffiorano. Ma allora non fanno altro che riaccendere il dolore, senza potere, in alcun modo, cambiare la situazione.

 

Questo film è stato selezionato come candidato brasiliano al Premio Oscar 2014 per il migliore film straniero.    

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