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Il portaborse

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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La recensione su Il portaborse

di champagne1
7 stelle

Quando Luciano, professore di lettere per l'INPS ma ghost writer nei ritagli di tempo per arrotandare il magro stipendio di insegnante appassionato e florido, ma angustiato dalle spese per il restauro dell'antico palazzo e dalle spese di viaggio per incontrare la fidanzata a 800 km di distanza, riceve l'invito a far parte della squadra del lanciatissimo ministro Botero, il più giovane ministro della Repubblica, lo accetta quasi senza pensarci.

E da subito la sua vita cambia e i suoi proventi economici ricevono un'impennata inimmaginabile. E non solo. Presto Luciano si rende conto di avere dei "superpoteri": può visitare musei chiusi in privato, avere accesso a informazioni riservate, utilizzare auto di lusso; persino il suo palazzo viene dichiarato "monumento nazionale" e posto la tutela delle Belle Arti (finanziamenti per i restauri compresi).

Di fronte però alla pervicacia di un misterioso individuo che - a ogni uscita pubblica di Botero lo attende fuori con un cartello "IO SO" - Luciano comincia a porsi delle domande: "Chi siamo noi che non dobbiamo fare la fila?", "Perché vengono registrati e catalogati tutti coloro che chiedono favori al Ministro?", e soprattutto da dove provengono tutti i finanziamenti di cui Botero gode per la campagna elettorale?...

 

Rivisto a distanza di quasi 25 anni, il film mantiene ancora una credibilità attuale da poter essere citato quasi come documentario dell'epoca. Di ancora attuale c'è la denuncia della "casta", di giochi sporchi in cui si utilizzano fondi pubblici per scopi privati, il clientelismo come strumento di potere e la compravendita di voti come un dato assodato.

E' meno evidentte invece la collusione di certa politica con la criminalità organizzata: forse i tempi non erano ancora maturi o i dati della cronaca ancora insufficienti.

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Ma è soprattutto la denuncia sull'uso distorto delle parole. "Le parole hanno un significato (preciso)!" - aveva detto Nanni Moretti in un suo precedente film.

Qui appunto si rimarca la doppiezza della comunicazione: formalmente ineccepibile, ma in realtà - riferita ai personaggi che la utilizzano - vuota e involontariamente comica nell'affermare il contrario di quello che veramente è.

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A me l'interpretazione di Moretti è piaciuta moltissimo: il suo personaggio è profetico nel suo giovanile rampantismo (che non vuole perdere neanche una partita a ping-pong), nello scoppiettante istrionismo (che mette alla berlina gli avversari politici fino ad arrivare quasi all'insulto personale), nello sloganismo da campagna elettorale permanente e nell'ambizione smisurata di un ego enorme alla ricerca del potere assoluto.

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