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Noroi

Regia di Kôji Shiraishi vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Noroi

di alan smithee
6 stelle

Una troupe televisiva riceve una telecamera contenente una videocassetta con spezzoni di filmati che riguardano una scottante inchiesta che ha impegnato per diverso tempo il giornalista Masafumi Kobayashi, specialista di inchieste inerenti fenomeni paranormali. L’uomo risulta da tempo scomparso dopo che la sua casa ha preso fuoco, provocando la morte della sua consorte.

Il film, facendoci vedere ciò che contiene il video, ripercorre le tappe salienti dell’ambizioso e coraggioso reporter, impegnato a cercare di collegare almeno tre/quattro episodi apparentemente sconcertanti o senza una spiegazione razionale. Il legame è uno spirito maligno di nome Kagutaba, imprigionato, secondo le leggende popolari, all’interno di un paesino sommerso dalle acque. Ma, recatosi in loco, il giornalista non fa altro che svegliare il demone, attirando su di sé tutta l’ira dello spirito, rimasto sepolto per anni. Con conseguenze letali, e tanto spavento.

Nel 2005, in piena moda “mockumentary”, Noroi – The Curse ha goduto della stima più sentita da parte degli estimatori del genere.

Risultato immagine per noroi the curse photos

Oggi, decisamente assuefatti dal genere, dal giochino, da questo inganno tutto sommato fragile, se da un lato riconosciamo al regista Koji Shiraishi di aver saputo farcire la vicenda di particolari assai dettagliati ed inquietanti, camuffandoli egregiamente come fossero reperti giornalistici di taglio realistico, dall’altro non possiamo negare di non provare un po’ di disappunto nel voler stare al gioco di questo ormai abusato inganno cinematografico, che ostenta una serietà di fondo, e forse anche una stuta ironia, a fronte di una ricostruzione minuziosa, ma anche sempre e solo uguale a se stessa.

In altri termini, pur riconoscendo al film una qualità medio/alta, il saper creare momenti di tensione anche forti, di sicuro sopra la media per entrambi gli aspetti rispetto al livello di base dei molti “falsi documentari” a cui il prototipo Blair Witch Project ha spianato la strada (con quasi più danni che opportunità qualitative) a fine anni ’90, non riusciamo a non provare, ora, una certa insofferenza, o un fastidioso sospetto di sentirci presi per il naso, nei confronti di un genere che ormai riteniamo abbia già dato tutto quanto era nelle proprie possibilità, ed è stato oggetto di sin eccessivo accanimento creativo-emulativo, rispetto alle reali potenzialità effettive di tematiche horror sempre troppo uguali ad un medesimo cliché di indagine, e ad una soluzione finale puntualmente e clamorosamente irrisolta, per forza di cose.

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