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Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz

Regia di Franco Maresco vedi scheda film

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La recensione su Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz

di giorgiobarbarotta
8 stelle

L'incredibile vita dell'italoamericano Anthony Joseph Sciacca, in arte Tony Scott (il vero nome veniva continuamente storpiato dalla pronunica americana), uno dei migliori clarinettisti jazz di sempre. La partenza è delle più sconcertanti: in una puntata di Ciao Darwin o simili condotta da Bonolis (!!!), un vecchio eccentrico e bizzarro viene messo al centro della scena come fenomeno da baraccone e poi buttato lì in una triste jam session con Di Battista e altri "leoni" della scena contemporanea. Sembra  una versione imbolsita e trasandata di Terzani. Salto a ritroso nel passato remoto: il nostro suona, completamente traformato, con Charlie Bird Parker, Billie Holiday (di cui si sussurra essere stato amante oltre che grande amico), Bill Evans, Dizzy Gillespie, Theolonius Monk, Duke Ellington. Resa l'idea? Il firmamento del grande jazz che ha scritto la storia. E' autore di arrangiamenti di fama mondiale per Harry Belafonte, apre uno dei locali più noti di New York dove si esibiscono i Velvet Underground e Keith Jarret, si spinge poi fino in estremo oriente alla ricerca di nuove culture musicali e sonorità, trasferendosi dapprima in Giappone, poi in Indonesia e Thailandia; è dunque pioniere della contaminazione, sconfinando naturalmente nella worldmusic e nella new age di cui è precursore (500.000 copie vendute dell'album Musica Per Meditazione Zen), mescola vita artistica e privata senza soluzione di continuità, si sposa tre volte, viaggia in lungo e in largo per l'Africa esibendosi continuamente dal vivo, viene incarcerato con l'accusa di essere una spia statunitense, torturato, caracolla infine in Italia alla ricerca delle sue origini, dapprima in Sicilia (è sepolto nella "sua" Salemi), poi a Milano e Roma, dove diviene parte della band di Romano Mussolini, pianista jazz figlio del Duce. Termina i suoi giorni con problemi di stabilità mentale, con disordini quotidiani, con vagabondaggi e un bagaglio artistico e umano impossibile da decifrare e catalogare in modo esaustivo. Il documentario ci prova, fornendoci più di due ore di meticolosa ricerca e interviste a chi lo conobbe da vicino: ex colleghi, mogli, figlie e critici musicali. Maresco è appassionato, per nulla intimorito dall'operazione, che ci presenta dividendola in capitoli introdotti da sculture inquietanti e oscure. I filmati di repertorio ci sbattono in faccia un talento strordinario e un personaggio sicuramente da rivalutare e valorizzare nel dovuto modo, a prescindere dalle spigolosità ed eccessi caratteriali. Sottotitolo "...come l'Italia fece fuori ecc" di pessimo auspicio per tutti coloro i quali bazzicano di musica, non solo jazz. Straripante.

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