Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Non si può restare indifferenti di fronte a una storia che ricorda una recente epoca in cui considerare un essere umano un oggetto (di lavoro o di sesso) era considerato moralmente giustificato anche da chi si considerava religiosamente inappuntabile. Quando poi la schiavitù esegue un percorso al contrario, per cui un giovane musicista nero, legalmente libero cittadino, viene forzatamente condotto a condividere l'esperienza di tanti altri neri, altrettanto legalmente ridotti alle catene, si aggiunge uno spunto narrativo che aumenta lo spessore e l'interesse della storia.
Steve mc Queen non è Quentin Tarantino e quindi la catarsi di Solomon alla fine non è agita bensì "istituzionale".
Resta comunque valido lo sforzo di dipingere le enormi difficoltà di una società alle prese con un cambiamento culturale che anche dopo decenni non era stato assimilato (ricordo a caso Mississippi Burning): anche se, certo, un conto è parlare di schiavismo, un conto 100 anni dopo di segregazione razziale.
Il pathos c'è (e sarebbe quasi impossibile evitarlo, parlando di argomenti simili), ma devo confessare che i personaggi negativi alla fine risultano quelli attorialmente più interessanti (vedi Fassbender, Giamatti ed anche il giovane Paul Dano).
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