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Le capital

Regia di Costa-Gavras vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Le capital

di alan smithee
6 stelle

Quando c'e' puzza di marcio, odore viziato di complotto, è il momento che "Costa il greco" torni a farsi sentire.
A quasi ottant'anni d'età il piu' noto ed internazionale dei registi ellenici, da decenni diviso tra gli States e la Francia, torna in territorio d'oltralpe per occuparsi di finanza, di intrighi di potere e scalate di borsa; terreno minato da quando una crisi che non conosce precedenti ne' confini sta falcidiando le economie reali, il commercio, l'industria, i singoli cittadini di ogni parte del globo a vantaggio di una casta di vampiri senza scrupoli che ne assorbono velocemente ogni linfa vitale.
La scalata al potere della piu' grande banca europea (dal nome ovviamente fittizio di Phenix) da parte di uno scaltro dipendente che ha saputo guadagnarsi le simpatie del vecchio amministratore prima di morire, in modo che questi lo indicasse come suo successore scalzando nomi ben piu' illustri e prevedibili, permette all'uomo di farsi le ossa tra una folla di iene che colpiscono alla sprovvista. Il gioco infatti diventa molto piu' grande quando un potente azionista americano induce sempre piu' insistentemente il protagonista ad organizzare una Opa per accaparrarsi in fretta e furia una concorrente giapponese. Una trama ordita con il consueto disonesto cinismo che spinge l'americano senza scrupoli Byrne a far acquistare alla banca europea un istituto nipponico colmo di titoli tossici per far crollare il prezzo di mercato di Phenix e acquistare entrambi a prezzo di saldo. 
Nel mezzo della vita del protagonista una moglie (Natasha Regnier) che si trova catapultata in un universo in cui non riconosce piu' il marito che ha sposato, ossessionato com'e' ora dal sesso e dalla brama di non essere accoltellato alla schiena da una massa di opportunisti che lo circondano ovunque.
Il film di Costa Gavras, per nulla nuovo e di argomento gia' ampiamente sviscerato - pur nelle variabili del caso - da prodotti anche buoni tipo il recente "Margin Call" o "Too big to fall", ha tuttavia il merito di riportarci all'attenzione un regista che ormai sempre piu' alterna buoni film di denuncia solidi e ben diretti, a flop imbarazzanti tipo quel "Verso l'Eden" con un incolpevole Riccardo Scamarcio di un paio di anni prima. Un film, questo, che si fa seguire e sa toccare le corde comprensibili e condivisibili dello sdegno da parte di chi, come noi cittadini qualunque, non e' piu' disposto a tollerare all'infinito soprusi e truffe di pochi spregiudicati managers, in nome di una crescita economica che non puo' sempre e solo caratterizzare all'infinito un processo economico e non puo' pretendersi in costante evoluzione esponenziale al fine di  arrichire i soliti eletti di una casta dominante.
Un contributo alla generale riuscita del film, teso e incalzante, lo offrono principalmente i due protagonisti: Gad Elmaleh, volto piuttosto noto in Francia sia da attore che recentemente come regista, perfetto nel raffigurare un impiegato dimesso ma astuto che valica, sotto gli occhi increduli di tutti, i traguardi che altre pedine ben piu' appetibili si sarebbe pensato ricosprissero; a lui va aggiunto almeno quel notissimo Gabriel Byrne, non nuovo a personaggi negativi e odiosi come pochi altri, ma che in questa occasione riesce a  fornirci uno dei suoi piu' recenti cinici e ributtanti  ritratti di sciacallo mai usciti dallo schermo.

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