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The Master

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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La recensione su The Master

di rocky85
9 stelle

“E se trovi il modo di vivere senza servire un maestro, qualunque maestro, allora vieni qui a raccontarcelo. Va bene? Perché saresti la prima persona nella storia del mondo”.

1950. Freddie Quell (Joaquin Phoenix) è uno sbandato ex marine tornato dalla guerra con forti problemi mentali. Violento, dedito all’alcool e con incontrollate pulsioni sessuali, Freddie incontra per caso Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), sedicente e carismatico leader di un movimento spirituale chiamato “La Causa”. Freddie subisce sempre di più l’influenza di Lancaster e diventa un adepto del movimento, al quale mette a disposizione la sua vulnerabilità e la sua natura violenta. The Master, sesta opera di Paul Thomas Anderson, prosegue l’ambizioso percorso registico di un autore ormai eguale a nessuno altro nel panorama cinematografico statunitense. Opera complessa ed enigmatica, completamente fuori dagli schemi e di difficile comprensione, si presta a varie interpretazioni tematiche. Quella più appariscente, ma in realtà meno pertinente, è quella del fanatismo religioso, in continuità con quanto già affrontato ne Il Petroliere. The Master esplora invece più probabilmente temi come quello della condizionabilità umana e della necessità di sottomettersi e di dipendere dall’insegnamento di un maestro di vita. La parabola di Freddie è chiaramente quella di un uomo che, per le sue condizioni mentali, è facilmente plasmabile ai dettami di chi gli appare come “maestro”, in tal caso Lancaster Dodd (personaggio chiaramente ispirato al fondatore di Scientology Ron Hubbard), uomo che svela in realtà l’assoluta mediocrità di se stesso e del movimento che rappresenta. Forse forzatamente, ma a mio avviso vi si può leggere anche una continuità nel cinema di Anderson nella tematica del rapporto padri-figli, costante presente in quasi tutti i suoi film. Pur mantenendo una coerenza tematica del tutto personale, Anderson non nasconde comunque una ispirazione al cinema del passato, in questo caso il più vicino parente di The Master è probabilmente il capolavoro di Richard Brooks Il figlio di Giuda (forse da qui il nome Lancaster in omaggio al meraviglioso Burt interprete del predicatore Elmer Gantry nel citato film). Ma The Master è un film spiazzante che non compiace lo spettatore, un’opera che si sofferma nelle sue lentezze e nelle sue imperscrutabilità. Anche formalmente e stilisticamente, è addirittura più composto e ritratto di Il Petroliere, opera che aveva segnato già una certa maturità nello stile del regista. Non c’è nessuna ostentazione virtuosistica, la macchina da presa indugia soavemente sugli spazi aperti e luminosi e sui volti di due interpreti di mostruosa bravura. Joaquin Phoenix è strepitoso nel rendere, con i movimenti del viso, del labbro imperfetto e del corpo dinoccolante, le nevrosi di un personaggio difficilissimo ed estremamente indifeso. Philip Seymour Hoffman evita istrionismi pur interpretando un uomo di imponente statura e carisma, un falso profeta che proclama una felicità spirituale illusoria ed inesistente. Piacerà a pochi The Master, ma rappresenta l’ennesima tappa di una maturazione registica che fa di Paul Thomas Anderson uno dei maggiori autori del cinema contemporaneo.

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