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Il cavaliere del Santo Graal

Regia di Antonio Hernández vedi scheda film

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La recensione su Il cavaliere del Santo Graal

di lorenzodg
6 stelle

I cavalieri del Santo Graal” (El  capitan Trueno y el Santo Grial, 2011) è l’undicesimo film del regista  ispanico di Salamanca, Antonio Hernandez.
   Pellicola di (qualche) dubbia fattura e con silenzi pubblicitari giustificati: ponendosi pochi problemi (la scelta è quella che è) lo spettatore s’immerge nella sala (condizionata) di poltrone vuote (perché mai il pubblico dovrebbe riempire le multisale con i pochi menù in circolazione? A mani basse è il blockbuster unico a prendersi il tutto del momento!) per prendere posto avendo da guardare file e file di umani corpi girevoli. Al nulla proposto si ha una risposta adeguata (la sconfitta ai distributori incapaci ed inermi non suona, l’allarme è già stanco di irradiare il suo doppler-fastidioso…): zero tituli al cinema nostrano e zero presenze (o quasi) in ogni dove. Spauriti  micro-gruppi familiari e dileguati (spiaggia) duo bocca a bocca forse stufi del solleone si disperdono nelle centinaia di posti tra undici-sala-undici! Tutto qui. Il resto da raccontare sembrerebbe inutile (ma è proprio così…) e con questo dubbio mini-massimo ne dico qualcosa per dare un segnale di un film in proiezione!
    Film suadente e piacevole in un bagaglio di partenza commisurato e ricalcato alla tecnica fumettistica: genere da cui proviene (infatti è tratto dalle storie del popolare personaggio di ‘Capitan Trueno’ creato nel 1956 da Victor Mora –con firma Victor Alcazar— e disegnato da Ambros). Un’inquadratura sempre compressa, limitata (non tanto nell’immaginazione ma negli spazi natural-vintage) e, in ogni caso, incorniciata nei piani di contatto e in fotografia nei luoghi di posizione: un movimento regolare di passaggio snoda i personaggi tra sequenze impresse di primi piani e raccordi girevoli come nel miglio fumetto (mentre si gira la pagina per i successivi lineamenti in matita). I colori addolciti, stemperati, lievi e poco stagionali riescono a cogliere il destino del cavaliere errante che ha il compito arduo e difficile di conservare non solo un sacro oggetto ma di offrire ad un popolo il segno di un avvenimento unico. Il capitan Tuono diventa eroe (ultimo rimasto) di guerrieri ideali dove la vita e la morte corrono insieme in una Terra Santa invasa da remoti archetipi e da uno spirito da conservare (per cui vale ogni gesto e qualsiasi sforzo innaturale): il Santo Graal è il summa di un mistero e la fine di  ciascuna speranza perduta. Tutto viene raccontato con giusto senso della misura e dell’ironia e con giusto tono scanzonato e cattiveria regolata: con perifrasi di livello semplice per guardare alla raccolta pubblico (età soprattutto). Ma la domanda da porsi è se i produttori hanno previsto incassi sufficienti per la seconda parte (di cui si fa scritto nei titoli di coda –‘continued’-) da girarsi? O se la seconda parte è un piccolo gusto-cinico al completamento di un film arrivato tardi, fuori-onda e con sguardi distratti dall’uscita? (in un fine luglio accaldato e da rincoglionimento distributivo è possibile rivedere il finale vero nell’estate di pellicole assenti in un anno non bisestile).
   Nell’anno domini 1291 il cavaliere errante Tuono cerca il sogno di tornare nella sua terra: ciò può diventare reale con l’aiuto fidato dei suoi amici d’avventura, Goliath (‘tritacibo’), Crispin (‘giovin-scudiero’) e della sua metà Sigrid (‘coraggio’); ma soprattutto ha il compito di proteggere, conservare e salvare il Santo Graal (la Terra Santa è il fine di un uomo pieno di domande e con poche risposte).

   Le mongolfiere disegnate e volanti nel cielo notturno sopra il Castello della ‘cerimonia’ (‘luciferina’) si intagliano come lucciole beanti di un segnale infuocato ma si immettono nella storia in un errore di date…anche se il sogno in fumetto scandisce i tempi remoti di mongolfiere cinesi e peruviane di cui conosciamo solo l’antefatto alla fine di un oggi che è già ieri e di un volo già avvenuto. Senza pause di tempi, il tempo racchiude passato e presente in un calice da conservare e in un fumetto da completare.
   Il cast è ben assortito e giusto (diciamo così) alla causa; Sergio Peris-Mencheta (Capitan Tuono) appare statuario e in posizione per movimenti e quadri ‘cartoon’ (niente di più), Adrian Lamana (Crispino) spiritosamente infantile, Manuel Martinez (Golia) corposamente evanescente,  Natasha Yarovenko (Sigrid) dimessa e forte.  Una notazione sulle musiche: in più parti sovrastano l’immagine e l’avventura per calcare e infervorare lo spirito di un fumetto da ricordare.
    Con passi e tempi da sera poco partecipe la pellicola si lascia vedere senza essere qualcosa di oltre il normale e non altro che un gioco di facile lettura.
      Voto 6 (senza pensarci molto).

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