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Venuto al mondo

Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film

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La recensione su Venuto al mondo

di supadany
5 stelle

A otto anni di distanza dal successo di “Non ti muovere” (2004), Sergio Castellitto ritrova Penelope Cruz (con la moglie Margaret Mazzantini non si è mai lasciato nemmeno professionalmente), aggiunge un altro attore internazionale affidabile (e di talento) come Emile Hirsch, ma non riesce appieno a palsmare il materiale magmatico che da luogo ad una narrazione molto frammentaria con le conseguenti penalizzazioni al risultato finale.

Dopo tanti anni Gemma (Penelope Cruz) fa ritorno a Sarajevo assieme al figlio Pietro (Pietro Castellitto) e i ricordi di quanto successo circa vent’anni prima tornano a galla.

Tra questi domina la figura dell’ex marito Diego (Emile Hirsch), il loro amore, ma soprattutto la loro strenua ricerca di un figlio che non arrivava e quindi viene lentamente alla luce anche la storia del concepimento di Pietro nel bel mezzo del conflitto balcano.

 

 

Uno scenario internazionale di ampio respiro non salva del tutto un prodotto che, pur vantando più di un pregio, ha una patina televisiva poco consona alle capacità degli interpreti, con ovvia menziona speciale per Penelope Cruz, ancora una volta espressiva, convincente sia nella versione ringiovanita (e molto sbarazzina, oltre che addolorata quando è il momento) che in quella invecchiata con i ricordi che riaffiorano pesantemente ed un segreto talmente pressante che tenerlo per se stessi è peggio che tenere un masso legato ai propri piedi.  

Attorno alla sua figura quindi sono strettamente legati tutti i momenti più riusciti del film che quindi abbracciano una gamma quasi totale di sensibilità (dalla più positiva alla più negativa), purtroppo sul resto c’è molto su cui disquisire.

Questo a partire da troppi dialoghi da libro, infarciti di frasi ad effetto che potevano essere tranquillamente asciugate, anche se poi alcune lasciano il segno come “è più difficile camminare sopra le macerie che sotto le granate” frase che compenetra completamente un passato terribile ed un presente che non può dimenticare cotanto orrore.

I tanti salti temporali fanno il resto, creano un insieme che appare in più circostanze legnoso e che non riesce a valorizzare appieno l’ottima interpretazione di Penelope Cruz e il carattere espansivo di Emile Hirsch, anche lui soddisfacente.

Dunque, non si discute l’impegno che ha generato l’opera, ma nel complesso quest’ultima funziona a corrente alternata, per quanto detto sopra questo è ancor di più un vero peccato, perché il centro (Penelope Cruz e con lei il suo personaggio) è di assoluta rilevanza, peccato che poi il resto fatichi a starle al passo.

Contrastante.

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