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The Human Centipede II (Full Sequence)

Regia di Tom Six vedi scheda film

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La recensione su The Human Centipede II (Full Sequence)

di SalvoVit
8 stelle

locandina

The Human Centipede II (Full Sequence) (2011): locandina

 

La realtà è molto più marcia di come viene rappresentata nell'arte. I colori non esistono, sono solo illusioni, e strambi personaggi senza meta popolano il nostro pianeta. Martin è uno di questi e con un intelligente e astuto trucco metacinematografico, Tom Six, geniale autore nel nuovo horror, ci fa immedesimare nel suo personaggio. Nel 2009 usciva quell'opera cult e disturbante che ha segnato il genere horror moderno, THE HUMAN CENTIPEDE. Il primo episodio, la prima sequenza (così la chiamò Six), era schematico, pieno di ordine, un ordine che andava in contrasto con i macabri sviluppi che lo spettatore era costretto a seguire. Dall'ordine e la freddezza del primo episodio, Six ci fa entrare in un mondo completamente diverso. Questo è il presente, è la realtà e la realtà è molto peggio di come l'arte la rappresenta. I personaggi che popolano il nostro pianeta, l'essere umano, sono inconsapevolmente molto più disturbati dei personaggi che popolano l'arte (e il genere horror in particolare).

 

Tom Six, con questo episodio, porta all'attenzione dello spettatore alcuni spunti di riflessione interessanti. La realtà è molto più spaventosa dell'arte e gli esseri umani vivono in una realtà priva di colori e di sentimenti. Le vite umane non hanno alcun valore e ogni individuo è marcio e inutile. Tom Six porta all'attenzione dello spettatore una riflessione importante, criticando molto probabilmente anche il suo pubblico, quello che aveva apprezzato in modo fin troppo entusiasmante il primo episodio, idolatrandolo fino all'inverosimile. Tramite l'iperbole e l'allegoria, Six riflette sul potere dell'arte sullo spettatore. Six mette se stesso ed il suo cinema in discussione e mette in discussione tutta quella tipologia di cinema che fa dell'estremo e della violenza (molte delle volte fine a se stessa) il suo fulcro. La sua è una forte e dura critica a tutta questa tipologia di cinema che molte delle volte non porta da nessuna parte se non alla pura soddisfazione sadica dello spettatore voglioso di macabra violenza e basta. La sua è una critica ad una tipologia di cinema che ha più a che fare con la pura pornografia fine a se stessa che al cinema vero e proprio.

 

Laurence R. Harvey

The Human Centipede II (Full Sequence) (2011): Laurence R. Harvey

 

La parte finale del film invece diventa molto ambigua e aperta a varie interpretazioni. Si potrebbe dire che questa critica che Six mette in scena, viene quasi ignorata in questa parte finale di film in quanto essa diventa sempre più estrema e violenta. Sangue, feci, feti, organi strappati, e tanto altro, vengono mostrati senza pudore quasi come se Six si fosse dimenticato del discorso fatto in precedenza per quasi tutta l'opera, dandosi al puro spettacolo sadico per lo spettatore che prima ha spudoratamente criticato. Ma si potrebbe anche vedere questa come una scelta ancor più intelligente per prendersi gioco dello spettatore che prima viene criticato dall'opera e poi, successivamente, viene assecondato e soddisfatto, quasi come per prenderlo in giro, mettendo chiaramente in scena la capacità dell'arte nel manipolare lo spettatore con poco. Insomma, qualunque interpretazione si voglia dare, si può tranquillamente dire che il film risulta molto interessante in tantissime scelte.

 

Martin è un personaggio fantastico, che riesce a trovare il suo sviluppo senza dire una sola parola ma solo grazie alla meravigliosa capacità espressiva di Laurence R. Harvey, inquietante a dir poco. La messa in scena di Six è macabra con un meraviglioso utilizzo del bianco e nero. Il film sembra quasi allucinato, come se ci si volesse far entrare nella mente sadica del protagonista e questo anche grazie all'estetica tutt'altro che ordinata e schematica del precedente episodio (più vicina al Dr. Heiter) ma assolutamente schizzata e sporca (esattamente come lo è il protagonista). Entriamo nel suo mondo, nella sua psiche e ci sentiamo quasi sporchi ma soddisfatti quanto lui, e questo fa paura. Six ci mostra una realtà che è priva di ogni rapporto sociale e familiare. L'unica cosa che accomuna tutti è la morte stessa e gli unici segni di vita che i personaggi portano con se vengono inevitabilmente inghiottiti dalla morte stessa (vedi scena del feto). Non c'è speranza, non c'è via d'uscita. La realtà è buia e sporca e noi esseri umani facciamo paura, molto più di quanto crediamo.

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