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In Darkness

Regia di Agnieszka Holland vedi scheda film

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Scarlett Blu

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La recensione su In Darkness

di Scarlett Blu
8 stelle

In Darkness, è l’ennesimo film che vuole ricordare la tragedia dell’Olocausto, o almeno una delle tante vicende note e meno note, legate ad esso.

È un film sicuramente di forte impatto per la tematica, claustrofobico, cupo e a tratti attraversato da sprazzi di luce.

Candidato all’ Oscar come film straniero nel 2012, è sorretto da una buona regia e da una sceneggiatura che miracolosamente non rende pesante una storia che aveva molte caratteristiche per essere tale, che acquista respiro e tensione.

È la storia di un giusto, come è stato riconosciuto da Istraele, un piccolo uomo che in mezzo alle tenebre che ricoprono l’ Europa, in questo caso la Polonia occupata dai nazisti, accende una piccola luce di speranza rischiando la sua stessa vita.

Poldek Socha, operaio che lavora nelle fogne della città polacca di Lvov, ladruncolo a tempo perso, è un personaggio anomalo a tratti anche contraddittorio, una sorta di piccolo Oscar Shindler, che inizialmente aiuta un gruppo di ebrei in fuga dal rastrellamento del ghetto per interesse personale, poi per spirito di umanità.

La regista Agnieszka Holland (Poeti dall’inferno, Il giardino segreto, Io e Beethoven) firma un dramma intenso, commovente e realistico ispirandosi a una storia autentica, tradotta già in romanzo, e ha il merito di dare corpo a personaggi veri, fatti di carne, sangue e pulsioni reali che li tengono legati alla vita.

Emergono dalle tenebre, quelle del tempo e del luogo, come figure da uno sfondo scuro con tutto il loro peso, con la loro forza e fragilità, e si fissano nella nostra memoria come è giusto che sia.

È sempre difficile immaginare la portata di una tragedia come L’Olocausto, quasi impossibile forse è rendersi conto di come le vittime e i sopravvissuti abbiano vissuto quel periodo tremendo. Il film riesce a darcene una sensazione convincente, intensa e potente.

Gli ebrei che Poldek nasconde nelle fogne della città per 14 mesi, tanto è il tempo che passeranno lì sotto, tra il rischio di essere scoperti e denunciati dalla polizia collaborazionista, sono uomini, donne e bambini rappresentati in tutta la loro umanità, sono coraggiosi e vili, fragili e duri allo stesso tempo.

Ed è la prima volta che mi capita di vederli rappresentati in questo modo al cinema. Non sono fantasmi eterei, scheletri prosciugati di personalità e energia, ombre che il nazismo ha cercato di annullare togliendo loro umanità e dignità.

Nelle fogne, luogo claustrofobico e asfissiante per i miasmi – richiamo sottile alle ben più terribili camere a gas? - si vive sepolti, si prega, si ride, si mangia, si fa sesso, si partorisce, ci si dispera e s’ impazzisce, in mezzo ai topi, inquilini sgraditi con cui si convive e che agli ebrei erano equiparati dai nazisti.

Con l’alternanza delle scene chiare e scure, il film coglie benissimo il forte contrasto tra il sopra, all’aperto, nel ghetto con i cadaveri nelle strade dove si muore alla luce del sole o nel bianco della neve, dove l’ operaio Poldek vive con la moglie bonaria e comprensiva e la figlia, nella paura di venir scoperto, e il sotto, nel buio dei cunicoli dove è quasi un paradosso restare vivi mentre gli occhi si abituano all’oscurità e il piede dell’ occupante calpesta la terra natia sopra le teste.

Poldek protegge i suoi ebrei, li guida, li sposta lungo il dedalo dei cunicoli, tra acqua, melma e liquame, porta loro da mangiare, e se occorre l’ossigeno per respirare come nella scena della bambina che emerge dal tombino.

La regia non indugia troppo sulle atrocità, non le mostra se non lievemente, e una delle scene che ho trovato più crude è forse quella degli impiccati per rappresaglia alla morte di un soldato tedesco.

Il finale è naturalmente liberatorio, anche se probabilmente risolto un po’ frettolosamente, ma ci dà la sensazione dell’umanità che torna a respirare, che torna alla luce a cui deve riabituarsi, di cui ha quasi paura, come il bambino ebreo che per un istante vorrebbe tornare al sicuro in quelle catacombe che li hanno protetti per 14 mesi.

Giudizio 7 e mezzo.

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