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La permission de minuit

Regia di Delphine Gleize vedi scheda film

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La recensione su La permission de minuit

di OGM
6 stelle

Xeroderma pigmentoso: è la rara malattia genetica di cui soffre Romain, un adolescente francese. I ragazzi come lui sono chiamati anche bambini della luna, perché possono uscire all’aria aperta solo di notte. La loro pelle non è infatti in grado di sopportare la luce del sole, perché i raggi ultravioletti le procurano danni irreparabili. Durante il giorno, Romain va in giro con la testa coperta da un cappuccio, munito di una mascherina scura per proteggere gli occhi. Può toglierselo soltanto al chiuso, in ambienti poco illuminati.  Il suo medico di fiducia è David Assoland, un dermatologo che lo ha in cura dalla nascita, da quando quella diagnosi senza appello ha provocato la fuga di suo padre. Romain non è come i suoi coetanei, e ne è perfettamente cosciente. Ed appare disposto ad accettare quella scomoda diversità, insieme ai limiti che essa impone alla sua esistenza, fintanto che quell’uomo si trova al suo fianco, come specialista, ma anche e soprattutto come confidente e come guida,  unico vero punto di riferimento nel difficile percorso verso l’età adulta. Quando David, avendo ricevuto un importante incarico presso la sede dell’OMS a Ginevra, gli comunica il suo imminente trasferimento, il giovane entra in una profonda crisi, che sfocerà nell’abbandono di ogni prudenza. Romain deciderà di mordere la vita, sfruttando al massimo il poco tempo che sa di avere davanti a sé, e non tenendo conto dei gravi pericoli a cui si espone.  La voglia di normalità si manifesta come un’energia discreta, in questa storia che sembra scritta di getto, però procede con i piedi di piombo, trattenuta da una paura onnipresente, e dall’imbarazzo per una situazione senza via d’uscita. Romain vorrebbe vivere ed essere libero, invece è un  prigioniero che tra pochi anni morirà. David non vorrebbe allontanarsi da lui, eppure deve andare via. Entrambi i dilemmi impegnano le loro vittime in un grottesco ed ambiguo girotondo intorno alla realtà, prima di essere  risolti da un taglio netto, che, di colpo, annulla tutti gli scrupoli ed i legami divenuti problematici. Prima di allora, il dramma si presenta come uno schizzo eseguito a matita, con mano frettolosa e leggera, sfiorando appena la superficie del foglio: una pagina vergine, piuttosto refrattaria alle emozioni, ma decisamente incline ai ripensamenti. Questa anomala vicenda di  amicizia e dolore, di dipendenza e tradimento, si frange continuamente contro lo scoglio del dubbio, dando luogo ad un tratteggio irregolare ed incerto, cosparso di situazioni improbabili e discorsi lasciati a metà. La sofferenza di fondo sembra voler fungere da pretesto alla frammentazione del racconto, ma l’effetto è inutilmente straniante e dispersivo, caratterizzato da  una discontinuità  che incapsula i singoli istanti in un fascino ermetico, come per prevenire la formulazione delle domande cruciali.  La permission de minuit  si mantiene ai margini dei grandi interrogativi, nutrendosi delle loro amarissime scorie, ma lasciando che il loro gusto, complessivamente, rimanga inspiegabilmente indefinito.  

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