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This Must Be the Place

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su This Must Be the Place

di Enrique
3 stelle

https://www.youtube.com/watch?v=2W4-G9-SKZM&index=12&list=PL3ADA011C4A1B1A53

 

«C'è qualcosa che mi disturba, non capisco bene cosa, ma mi disturba».

Parole sante, Cheyenne/Sean, parole sante.
Solo che, a differenza tua, cosa ci disturba, noi lo afferriamo benissimo... (LAMPUR)

Il tempo di riordinare le idee e te lo dico.

http://www.movietera.com/wp-content/uploads/2012/09/Sean-Penn-This-Must-Be-The-Place.jpg

 

TMBTP non è un film particolarmente sgradevole. Semplicemente è ostinatamente e insopportabilmente soporifero.

Un film dove fa di gran lunga più bella figura il direttore della fotografia (Bigazzi: per Sorrentino, ieri, ora e per sempre).

Peccato che la fotografia non abbia il dono di tenere svegli.

E sì, comunque, pure un pochetto sgradevole lo è.

http://staticmass.net/wp-content/uploads/2012/08/dvd_must.jpg

 

La brezza (d’oltreoceano) delle grandi, imperdibili occasioni (quella che spira sottoforma di autocandidatura di S.Penn a fare un film col regista napoletano) inebria Sorrentino ed il suo cinema – già di per sé ipersensibile alle suggestioni delle riprese ad effetto, dei fluidi piani sequenza, dei virtuosismi “dadaisti” ecc. – non ne poteva che risentire.

Non c’era modo migliore per dare la stura all’autocompiacimento.

E quindi vai con il solito repertorio (che fa tanto cinema "alternativo") di silenzi sospesi, dialoghi laconici che vorrebbero proporre profondissime verità ad ogni piè sospinto e personaggi bizzarri e grotteschi (Paul Hackett).

Ma davvero si può non credere che, stavolta, sia stato Sorrentino stesso la prima vittima della sua vanità registica (GIMON82)? Che la sua cinematografia, tutta tesa ad elevarsi a manifesto cerebrale, non si sia incartata nella sua ambiziosa missione (LAMPUR)?.

Perché lo scartavetramento degli zebedei (con annesso involontario pisolino) vorrà pure dir qualcosa.

 

Stagliato contro il leggendario orizzonte a stelle e strisce, il prisma di immagini, musiche ed umori attraverso il quale Sorrentino propone la sua straziante weltanschauung restituisce frammenti filamentosi di un puzzle sfatto, ovvero:

- complicità con uno spaccato “teenage” (la figlia di Bono l’imbranato spasimante)

- interesse per il mercato azionario

- sindrome di Peter Pan

- depressione e/o tedio esistenziale

- insospettabile acume di pensiero (visto la qualità, per sua stessa ammissione, della prosa composta fino a 20 anni prima)

- fedeltà coniugale

- fobia del volo

- road movie (ma non in cerca di se stessi perché il New Mexico non è l’India, ma perché è il film in sé medesimo a traboccare di consapevolezza).

- guinness world records scouting (veniamo a sapere che a detenere il primato del “pistacchio” più grande del mondo non è un nostro connazionale. WOW!)

- rapporto padre-figlio (da ricucire con ciò che resta)

- memoria dell’olocausto e caccia ai nazisti superstiti

- desiderio di vendetta commutato in clemenza crudele

- passaggio all’età adulta (simboleggiato, peraltro, da una sigaretta - sic! - il che, a conti fatti, è davvero ben poca cosa: billykwan).

 

Ma il “troppo stroppia”.

Non si può seguire per 120minuti un maestro zen col parruccone mentre almanacca circonflesso, come un cadavere apatico (Lina), sui miasmi della (sua) vita, fra uno stridulo gemito di disperazione e/o un aforisma alla Oscar Wilde (diomede917) e l’altro (per vero qualche volta viene anche fuori il bambino impertinente che è in lui, ma è un miraggio casuale, che dura meno di un battito di ciglia).

Né si può tollerare incondizionatamente l’arte dell’inquadratura soave ed indulgente (e leccatissima, e pretenziosa ecc.) che l’autore napoletane riserva a cotanto esimio catatonico figuro.

Sorrentino concepisce un protagonista maschera e macchietta, vittima ed artefice di un fato del tutto improbabile. Caricatura grottesca all’inverosimile, shot by shot. Fino al tracollo dei sensi.

Che pone fine ad ogni tentativo di salvare Sorrentino dalla sua vanagloria very arty.

Fino al prossimo film.

 

P.S. 1 Non si tema: delle perle di saggezza dispensate a destra e a manca non ne rimarrà, alla fine (parafrasando tutt’altro genere di film; e che film), neanche una.

 

P.S. 2 Ma, poi, si è mica capita la differenza che passa fra depressione (solo presunta, secondo la moglie) e mera tristezza (il male che affliggerebbe il protagonista, a detta della medesima)?

 

P.S. 3 (Come fanno notare angelot e billykwan) ma davvero non si può prescindere dal doversi portare una sigaretta alla bocca per poter passare dall’età infantile a quella della maturità?

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