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Baciato dalla fortuna

Regia di Paolo Costella vedi scheda film

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La recensione su Baciato dalla fortuna

di scandoniano
2 stelle

La musa ispiratrice del(l’ormai) consumato autore cinematografico Vincenzo Salemme pare essersi data all’alcol; se non addirittura suicidatasi, gettandosi nel vuoto dal grattacielo più alto del circondario. Vedendo “Baciati dalla fortuna” si rimpiangono i tempi in cui l’autore napoletano sciorinava la sua vis comica attraverso film “teatrali”, troppo contriti nei tempi e nei luoghi per dirsi veramente cinema. Si rimpiangono perché con questo film, asservito a ritmi più rapidi e moderni e a situazioni che prevedono luoghi e spazi più ampi, Salemme rientra appieno nella cerchia degli autori che s’accontentano dell’uovo oggi, nemmeno considerando la gallina di domani. Accerchiato dal meglio (o dal peggio, dipende dai punti di vista) di “Zelig” e ”Colorado Cafè”, con qualche spruzzatina di trash TV rigorosamente Mediaset, Salemme s’ingarbuglia in una commedia poco divertente e sconclusionata, a partire dalla scrittura, coadiuvata da una recitazione sempre sopra le righe, mediocre, insomma inadatta. Non fanno eccezione Alessandro Gassman, che però quantomeno rimane fedele a se stesso, anche se sono lontani i tempi dei duetti con Gianmarco Tognazzi, né Asia Argento (anche se ad onor del vero in un ruolo becero), incapace di andare oltre le antipatiche smorfie da battona coatta e arrivista, col corpo di un’Arcuri ultraquarantenne e una voce alla Monica Vitti dei tempi d’oro. La storia narra di un vigile urbano che metodicamente gioca sempre la stessa sestina al Superenalotto, ma che non li gioca proprio quando vengono estratti; le conseguenze saranno imprevedibili.

Lo stile di Salemme, ancora una volta impegnato a narrare le classiche vicende del napoletano medio, intriso di saggezza popolare e scaramanzia, dotato di un’impareggiabile capacità di incassare (i calci in culo della vita, non i danari del Monopolio) e di tirare avanti sempre e comunque, si libera qui di quella peculiare vena mistica e misteriosa di alcune sue opere precedenti, ritrovandosi denudata di tutti i suoi tratti caratterizzanti e finendo per mischiarsi con la feccia dei peggiori filmetti di quart’ordine che annualmente escono in Italia solo per la volontà di far cassa e di sfruttare i sempre più inconcepibili contributi pubblici.

Ne viene fuori un filmetto da cineforum estivo nella piazzetta di paese.

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