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The Lady Assassin

Regia di Chin-Ku Lu vedi scheda film

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Neve Che Vola

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Lady Assassin

di Neve Che Vola
10 stelle

Forse il più bel film di kung-fu che mi sia mai capitato di vedere, a parte il mitico cult "La geisha dalle mani d'acciaio" con la mia spaccaossa preferita, Chia Ling. Ma anche Hsueh-hua Liu (conosciuta anche come Lau Suet Wah e altri due o tre nomi, nel ruolo del titolo, Lui Si Niang ), è degna del massimo rispetto.
Soprattutto perchè quest'altra Run Run Shaw production non racconta una storia di vendetta immediata col solito schema del torto subìto all'inizio cui seguono interminabili tentativi di vendicarsi; anzi il titolo è piuttosto fuorviante perchè l'eroina non è un'assassina, ma è costretta all'azione dal succedersi delle situazioni. E neanche il fatto che sia un'eroina appare subito evidente, visto che deve dividere il posto al sole non solo con Tsang Jing (che ha il viso di Norman Chu), l'abile difensore del quattordicesimo figlio del re (interpretato da Siu Chung Mok / Max Mok) defraudato dal quarto dell'investitura legittima alle insegne imperiali decisa dal padre, ma anche con le due "allieve" di Tsang Jing, Jade e Pearl (impersonate da Yeung Jing Jing e Cheung King Yu), abili nelle arti marziali quanto lui e la sua stessa sorella. (Questi attori cinesi sono conosciuti con tanti e tali nomi da rendermi impossibile capire chi recita chi e non vorrei aver fatta un pò di confusione).

Se uno passa il tempo a cercare di capire se Yeung Jing Jing interpreti Jade o Pearl, forse incarna a meraviglia il detto "braccia rubate all'agricoltura", ma non mi preoccupo, faccio anche l'agricoltore.

Assassino a pagamento è invece il ninja giapponese nerovestito e trasformista (può assumere le sembianze di chi preferisce) interpretato dallo stesso regista.

Non è neanche un film di kung fu al femminile, qui le donne hanno lo stesso peso degli uomini, anche se sono un pò più leali, basti pensare che supplicano il loro maestro di non andare ad uccidere il malvagio despota mettendosi contro la legge; Tsang Jing invece è irremovibile perchè si sente in debito con il suo padrone; le due ragazze avvertono il Quattordicesimo Principe delle intenzioni del Maestro, che lo porteranno a morte certa. Il principe si mostra ben contento dell'occasione che gli capita, incurante del prezzo da pagare con la vita del fedele servitore.

 Proprio il fatto che l'azione richieda coreografia ed esibisca forte tendenza al fantastico (i balzi dal suolo ai tetti e voli vari), pone questo genere di film in una specie di locazione dove la parità fra i sessi è possibile. Questi swordsmen e kung-fu-girls mi sono sempre apparsi come una materializzazione di realtà possibili solo all'interno del regno psichico, visto che la realtà deve fare i conti con la grossolanità della fisicità dove le donne spessissimo soccombono insieme ai maschi più deboli.

"The Lady Assassin" pone l'eroina nella posizione di dover agire sempre più violentemente a causa della accresciuta violenza delle situazioni, c'è armonia fra le sue azioni, l'evolversi della trama e i sentimenti che entrano in gioco. Non dico che ad una analisi ferrea di questo svolgimento non si rivelino sbavature e magari incoerenze madornali... non è il fattore che mi interessa, e probabilmente neppure agli artefici della pellicola.
Il perfido Quarto Principe è più spinto dai consiglieri al tradimento della parola data alla famiglia Han (di cui Lui Si Niang fa parte) che non dalla propria indole: inizialmente, infatti, pensa di mantenere le promesse fatte, ma viene redarguito dalla sua corte. 
Non mi importa tanto che le azioni abbiano motivazioni, quanto piuttosto che accadano.
Che accadano, che abbiano quel certo senso del ritmo, e che accadano lì.
Se accadessero altrove e con altri colori, probabilmente mi indignerei e strepiterei per la mancanza di coerenza.

La furia che Lui Si Niang mostra nel finale è giustificata dal fatto che il malvagio despota ha fatto decapitare suo zio e ha esposta la testa pubblicamente, e lei, introdottasi furtivamente in città, la prende tra le mani e la osserva addolorata.

Jade e Pearl, sono capaci di misurarsi nei combattimenti con i guerrieri più forti, come di piangere come bambine disperate quando lui le schiaffeggia, ree di averlo supplicato di non rischiare la vita.

I colori e le ambientazioni di queste produzioni Shaw Brothers sono, come al solito, una delizia per i miei occhi.

La prepotenza non mi è mai piaciuta (anche se in alcune forme e in rare occasioni la ritengo talvolta necessaria e le attribuisco in definitiva solo la forma, ma non il contenuto), e in particolare quella femminile mi fa andare il sangue alla testa.
Queste eroine ne rappresentano forse una specie di esorcismo, la forza unita alla dolcezza come contraltare della prepotenza, frutto della debolezza e della distorsione della realtà.

Guarda Lau Suet Wah in tutto il suo splendore

http://www.hkcinemagic.com/en/images/movie/large/LadyAssassin-LauSuetWah3_ef9223c92eb4e42e46a155b58440b31e.jpg

Guarda Jade e Pearl:

http://www.hkcinemagic.com/en/images/movie/large/LadyAssassin-CandyWen_YeungJingJing3_d2c4838457c56f41ec0227716552d3ee.jpg

Ripeto le parole del profeta hongkonghese Ho Meng-Hua:

"(...) Le donne non sono nè intellettualmente nè fisicamente inferiori agli uomini. Forse sono addirittura superiori ed il gong-fu ne fornisce la prova.
Col gong-fu una donna piccolina può mandare a gambe all'aria un gigante. Senza perdere nulla della sua grazia, della sua dolcezza, anzi rendendola più conturbante.
Cosi', quando Cheng Pei-Pei, cioè l'attrice migliore che il cinema hongkonghese abbia mai avuto, mi chiese di prepararle un buon film, io pensai ad un soggetto dove il cavaliere invincibile fosse lei.
Poi lo proposi a Run Run Shaw che ne fu entusiasta: nel cinema e nel teatro cinese, il protagonista principale è sempre stato una donna.
Chiamai quel film "Lady Hermit" e dipinsi un personaggio  completamente diverso dall'amazzone o dalla virago. Dipinsi una donna che s'innamore, che soffre, che ricama fiori delicatissimi, che accarezza dolcemente il suo gatto, che sorride con civetteria all'uomo che ama.
Poi sradica alberi, trasporta i tronchi sulle spalle e si costruisce una casa, affronta da sola cento mascalzoni armati fino ai denti, distrugge a ammazza il Cattivo Principale. Beh, credo che ne sia uscito un personaggio squisito, soprattutto grazie a Cheng Pei-Pei, che è una grande ballerina e che nel gongfu è riuscita a mettere l'eleganza che il gongfu deve avere. I suoi balzi son voli d'angelo. Le sue capriole sono tenerezze di un gatto. E, quando usa la spada trinciando teste e piedi, sembra una dea vendicatrice (...).
(intervista a Ho Meng-Hua, in La lotta che uccide, pag.33, citata nel libro di R.Esposito "Il cinema del kung fu" a pag.110)

Il film ha un andamento serrato, il ritmo non cala mai, e perfino all'ultima inquadratura (particolarmente violenta ma allo stesso tempo a mio parere piuttosto svuotata della fisicità) non segue una coda, il fotogramma si ferma sulla punizione che il despota subisce.

A scanso di equivoci, non intendo dire che mi piaccia che comandino le donne, al contrario non mi piace che comandi nessuno con la prepotenza, ma in questa realtà inventata e fantastica (ma non per questo irreale tout court) trovo alle volte un bel rifugio dell'anima.
L'eroina Lau Suet Wah è l'incarnazione di un ideale che non saprei definire con precisione perchè si manifesti così nel mio immaginario.
Forse sento che una comunicazione autentica con una donna sarebbe possibile solo con un simile personaggio, non sò. e sono d'accordo con le idee di Erich Fromm sul matriarcato come miglior alternativa al patriarcato.
Quante volte mi è capitato di rispondere male magari ad una commessa di un negozio perchè mi era sembrato che avesse usato un tono di voce sbagliato, per poi notare che quell'atteggiamento era solo una maschera ed io non l'avevo capito. Capitava in questi casi che si zittissero e diventassero obbedienti, e non riuscivo a sopportare di averle sopraffatte e di non aver capito il loro dramma.
Nè di averglielo potuto dire, tanto avrebbero negato gli avvenimenti.
Molte volte mi sono chiesto se non avessero dovuto assumere una maschera perenne, e se la loro umanità non fosse stata continuamente colpita perchè il dramma non si vede, come in quella frase da "Memorie di una geisha" che mi ha sempre come paralizzato:

'Lei di dipinge il viso per nascondere il viso'  

Forse non sono mai riuscito a sopportare la visione di questa fragilità e l'impossibilità di vederle il viso.

La rabbia che ne scaturisce alle volte sopraffà la compassione che la situazione richiederebbe, come in una specie di doppio legame; quando si sopraffà qualcuno la matematica è questa: hai sopraffatto te stesso in ugual misura.

Dostoievsky ha scritto:

"vorrei esser buono, ma... non mi lasciano!"

la soppressione coatta della natura compassionevole, il distacco dalla vera natura, la morte in vita, la vera natura della rabbia. E assolve l'uomo (almeno in parte) dalla cattiva volontà concentrando l'attenzione sulla natura di automatismo dei gesti.

Lau Suet Wah mi permette di vederle il viso.


Sulla trama
Eccellente.

Sulla regia di Chin-Ku Lu
Serrata.

Sull'interpretazione di Hsueh-hua Liu
Conosciuta anche come Lau Suet Wah, fornisce un'ottima prova.

Sulla colonna sonora
Sorprendentemente di forte impatto, specie nelle sequenze iniziali.

Cosa cambierei
Niente.

La dea eroina-del-kung-fu ha guidato la mia mano nell'acquisto di questo dvd. 

Siano lodate le eroine del kung fu.
Sempre siano lodate.
Amen.

Su Chin-Ku Lu

Serrata.

Su Hsueh-hua Liu

Conosciuta anche come Lau Suet Wah, fornisce un'ottima prova.

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