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Uomini senza legge

Regia di Rachid Bouchareb vedi scheda film

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La recensione su Uomini senza legge

di giancarlo visitilli
6 stelle

Uomini senza legge di Rachid Bouchareb è arrivato in Concorso alla scorsa edizione di Cannes, ed è stato candidato all'Oscar come “Miglior film straniero”. Nonostante ciò, è un film che rischia di non lasciare alcuna traccia, perché racconta del movimento di liberazione algerino (FLN, Fronte di Liberazione Nazionale), partendo dalla strage dei coloni francesi da Sefit nel 1945 fino al 1962 dell’indipendenza. Eppure, di polemiche, anche a grandi livelli, questo film, ne ha suscitate: il deputato francese Lionnel Luca ha accusato il film di negazionismo e tacciato il regista di essere “un irresponsabile che mette fuoco alle polveri”. Poi, come sempre accade, specie nel caso degli uomini di potere (che non vanno mai a cinema), s’è anche saputo che il deputato francese non l’aveva neanche visto il film.

Uomini senza legge parte con il racconto, un pretesto, di tre fratelli che, abbandonata l’Algeria dopo Sefit, si ritroveranno per vie differenti nella bidonville parigina di Nanterre: Messaoud ci arriverà da reduce dell’Indocina, mentre Abdelkader prenderà il comando dell’Fln della città e Said tenterà il suo riscatto sociale, sul modello nostrano il Tatanka ancora in programmazione nelle sale. In modi diversi ma, i fratelli, praticamente si ritroveranno a costituirsi come una famiglia, o per lo meno fraternamente uniti per la causa di liberazione. In tutto ciò la reazione del governo francese, dopo l’uccisione di alcuni poliziotti rei di aver imprigionato e torturato membri dell’FNL creerà una sorta di task-force segreta denominata “La mano rossa”, che operando oltre i limiti della legge e spacciandosi per un’organizzazione criminale, comincerà a decimare gli uomini dell’FNL, scatenando una guerra senza quartiere che trasformerà il territorio francese in un vero e proprio campo di battaglia.

Rachid Bouchareb, regista francese, di origini algerine, non evita nulla, all’inizio del film, specie riguardo al massacro di Sétif e Guelma dell’8 maggio 1945, semmai, quello che accade dopo, specie nella seconda parte del film, è un allontanamento dai canoni del cinema di genere, per narrare un po’ troppo alla maniera della televisione, comunque l’importante e dolorosa evoluzione storico-politica di un’intera nazione. Bouchareb si fa prendere troppo la mano, rispetto al gangster-movie americano, al poliziesco alla francese: sembra che voglia fare per forza l’intoccabile De Palma o il Nemico pubblico di Mann. I risultati e le differenze, naturalmente, si notano. Per cui, alla fine, ne risulta un dramma, che non rinuncia ad una regia e messinscena studiate ed eleganti.

Nonostante ciò, questo film, insieme al bellissimo La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo, rimane un film importante perché ce n’è pochi, non solo di film, ma anche di pagine di libri, che raccontano la drammatica e vicina (per data e geografia) storia del Novecento dell’Algeria.

Tra l’altro, interessante che il regista si serva dello stesso cast di attori dei suoi precedenti, e di gran lunga migliori, film (Indigenès, 2006): Debbouze, Zem e Boujila, che a detta di tutti rappresentano il meglio degli attori arabi in forza al cinema francese, o almeno i più noti a livello internazionale. Infatti, tutti e tre offrono un’ottima prova

Cosa rimane dopo la visione di un film come Uomini senza legge? La centralità dell’importanza della fratellanza, come chiave d’accesso ai segreti della Storia e di una storia, quella dei popoli che non hanno petrolio, ancora tutta da comprendere. Vi sembra poco?

Giancarlo Visitilli

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