Regia di Yoji Yamada vedi scheda film
Uno zio scapestrato e scialacquatore è una spina nel fianco di una famiglia giapponese, che vorrebbe solo lavorare seriamente e condurre una vita ordinata. Buon cinema giapponese, che purtroppo non riesce ad imporsi all'attenzione del nostro pubblico.
Bella questa pellicola giapponese, che racconta vicende più o meno quotidiane e comuni, dove però la normalità è raccontata con equilibrio stilistico e di contenuto. Il lato tecnico è poco appariscente, ma compatto e sobrio nel modo giusto, sicché il film risulta scorrevole e mai noioso. Quanto al contenuto, si parla di affetti familiari e in particolare della problematica presenza di un parente scapestrato in un famiglia altrimenti seria e ordinata.
Da una parte vediamo il matrimonio della figlia con un affermato medico, uno di quei matrimoni molto “sociali” e di opportunità, e meno d'amore. Non che alla ragazza lo sposo non piaccia, ma è evidente che il prestigio di un simile legame ha giocato un ruolo non secondario – cosciente o meno – nella scelta di quel matrimonio, sia in lei che nei genitori. Ma non tutto è oro quel che luccica.
Dall'altra abbiamo la presenza ingombrante del fratello della madre di lei, che con la sua vita sregolata e incontinente (soprattutto quanto all'alcol e al denaro) crea molte difficoltà e lacrime a se stesso e alla sorella, oltre che a tutto il parentado. L'avere, però, sempre assecondato le sue intemperanze da parte dei congiunti non lo ha spronato certo a vincere le sue debolezze, e forse anzi questa è la causa della sua mancata maturazione come uomo. Tuttavia, pur nella sua vita disordinata, l'uomo ha un cuore buono, e alla fine dei conti il volersi bene prevale sulle lacrime e sulle liti sedimentatesi negli anni.
La bravura del regista sta nel raccontare in modo semplice ma non banale questa storia di gente comune, senza pesantezze ed eccessi, ma riuscendo dall'altro canto a rappresentare sentimenti e dinamiche umane piene di sfaccettature e di sentimenti contrastanti. I personaggi, poi, vengono rappresentati in modo efficace, anche quelli secondari.
Si tratta di un cinema umano, che ci lascia dentro una sensazione piacevole, ancorché agrodolce, perché il dolore sembra, accanto alla gioia, una presenza inevitabile e ciclica con cui bisogna fare i conti. Ma il cielo torna sempre sereno dopo la tempesta.
Peccato che il film è stato solo sottotitolato e relegato ad una distribuzione marginale al cinema, e “da Fuori Orario” in televisione.
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