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La marcia su Roma

Regia di Dino Risi vedi scheda film

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La recensione su La marcia su Roma

di lamettrie
9 stelle

Un gran bel film. Soprattutto è perfetto per come inquadra la realtà storica del fascismo, su cui ancora adesso si cerca di nasconderne la reale, orrida natura (chi dice ciò, ricorda come anche i comunisti facciano lo stesso quando edulcorano gli errori dei dittatori comunisti, e quindi è al di sopra di ogni sospetto).

Del fascismo qui si dice tutta la verità: 1) la vergognosa identità, culturale e morale, di teppaglia ignorante e violenta (analoga a quelli di tanti semianalfabeti delle curve da stadio), la cui unica fine doveva essere subito la galera, che è stata risparmiata solo per la colpevole e gravissima complicità dello stato italiano; 2) tale complicità dello stato è dipesa pressochè esclusivamente dalla colpa grave degli imprenditori, che erano allora e sono oggi la vera e unica classe dirigente del belpaese: imprenditori che hanno pagato i fascisti per spaccare la testa agli scioperanti che chiedevano i diritti umani, imprenditori che quindi hanno messo la superiorità dei loro soldi al servizio della violenza impunita contro l’affermazione dei diritti umani;  tali imprenditori hanno avuto la possibilità di vincere le elezioni grazie ai maggiori soldi con cui si facevano propaganda e facevano picchiare coloro che erano di idee opposte, e quindi hanno avuto la possibilità nettamente maggiore di rendere impuniti i fascisti, a livello nazionale e locale, facendo venire meno ai propri compiti essenziali sia il Ministero degli interni che quello della giustizia; 3) la Chiesa cattolica è sempre stata, almeno nei vertici (che poi sono gli unici che contano in una monarchia, come era e come è la chiesa cattolica romana), fedele alleata del fascismo (nonostante tutte le violenze professate e fatte, così anticristiane), dato che almeno dal IV secolo a.C. è sempre stata alleata e anche serva dello stato, da cui in cambio ha tratto innumerevoli privilegi (e infatti è stato così anche col fascismo, il quale ha cambiato i rapporti, burrascosi dal 1870, tra stato e chiesa che dal ventennio in poi hanno quasi sempre lavorato in sintonia).

Il re fa la penosa figura che meritano i Savoia e lui in particolare, così come gli intellettuali asserviti, che tanto più sfoggiano la retorica quanto più hanno bisogno di nascondere il loro servilismo interessato (per soldi e potere) verso un potere osceno come quello fascista.

Il vero senso del film, per me, sta nell’ingenuo Gavazza (Tognazzi) quando questi via via dimostra come sono stati traditi tutti i pochissimi e inequivocabili punti del programma di San Sepolcro: un programma socialista, che infatti doveva difendere i diritti umani, e che invece è stato sempre più sconfessato dal programma che realmente è stato messo in atto, quello dei grandi imprenditori e dei loro partner conservatori, contrario ai diritti umani in blocco. Quindi la veridicità del giudizio antifascista sta proprio nell’autenticità della vicenda dei due protagonisti: entrambi ingenuamente ma colpevolmente complici del fascismo, cui avevano aderito per motivi grettamente individualistici, senza tenere conto di altri aspetti fondamentali legati alla morale, come spesso fanno persone profondamente ignoranti, le quali sono peraltro maggioranza; ma entrambi capaci di dissociarsi dal fascismo, di ribellarsi ad esso (il che del resto era l’unica alternativa possibile, e andava messa in pratica dall’inizio, perché ce n’erano già tutti i segnali, senza certo dover aspettare!), quando si sono resi conto (con colpevole ritardo) dell’orrore del fascismo e dei crimini che esso permetteva e promuoveva con entusiasmo. Crimini rispetto ai quali non si poteva essere alleati, ma rispetto ai quali si poteva solo essere persone criticamente non collaboranti e quindi oppositrici.

“La marcia su Roma” è quindi per me uno dei migliori film sul fascismo, assieme a “Novecento” di Bertolucci. Anche se non dimentico film sul fascismo meno impegnati ma comunque rivelatori, come “Anni ruggenti” di Zampa, “Sua eccellenza si fermò a mangiare” con Totò, “Le vie del Signore sono finite” di Troisi.

La regia di Risi, la sceneggiatura profondissima e impeccabile, anche se pure così discreta e apparentemente in sordina, la recitazione di giganti come Gassman e Tognazzi, ma anche di Mario Brega e altri, rendono questo film una visione obbligatoria, per un elettore italiano ma non solo.

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