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Stanno tutti bene

Regia di Kirk Jones vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Stanno tutti bene

di scandoniano
8 stelle

Frank è un neo vedovo, padre di quattro figli che decide di invitare a casa propria per un fine settimana insieme. Tuttavia i ragazzi uno dopo l’altro danno forfait. Con la mente intrisa di bei ricordi, Frank parte in giro per tutta l’America per andarli a trovare ed appurare che stiano tutti bene… Gli intenti del film sono notevoli, concentrati sulla straordinaria umanità, mista a naturalezza, del protagonista; la sceneggiatura tende a sottolineare continuamente la semplicità di Frank (Robert De Niro) e la sua pura e autentica voglia di vivere una vita normale, cosa che contrasta con i ritmi, le usanze e le convenzioni consolidate dei propri figli: è questo il modo in cui il regista Kirk Jones sottolinea l’inadeguatezza di Frank col nuovo ruolo che ora si trova a dover sostenere giocoforza. Per quanto estremamente romanzato, il film ha un grande fondo di verità ed è estremamente verosimile. La grande prova di De Niro, una delle migliori in carriera, regge perfettamente il tutto, aiutato da una sceneggiatura solida. Il film è un remake dell’omonima pellicola di Giuseppe Tornatore del 1990 (in cui il ruolo dell’anziano padre fu di Mastroianni e che fu anch’esso prodotto da Vittorio Cecchi Gori). Questa versione a stelle e strisce di “Stanno tutti bene” ha una ottima intensità, superiore al film italiano, soprattutto perché non si perde nei meandri della retorica e non abusa di facili stereotipi. Lo testimonia qui lo scollamento del rapporto tra il padre ed i figli, inizialmente celato come arbitrario disinteresse della prole, ma che presto si tramuta, secondo un cambio di registro che un buon valore aggiunto per il film, in un’ammissione da parte di tutti del fatto che il ruolo della madre, nella famiglia Goode (come in molte altre nella realtà), sia talmente ingombrante da necessitare la ricerca complessiva di nuovi equilibri ora che Jill (la madre) non c’è più. Inoltre, la mole di pathos creata qui è ancora maggiore, giacché la famiglia Goode comprende questa necessità di cambiamento contemporaneamente allo spettatore. Il film termina con un lieto fine, seppur meno scontato e semplicistico di quanto potesse esserlo potenzialmente (ossia Frank comprende il suo ruolo e prova a reggerlo, con il beneplacito dei suoi ragazzi che nonostante tutto gli danno fiducia).

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