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Pandorum. L'universo parallelo

Regia di Christian Alvart vedi scheda film

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La recensione su Pandorum. L'universo parallelo

di ROTOTOM
8 stelle

Sembrerebbe il tipico titolo estivo da fondo di magazzino questo “Pandorum” che già nel nome bislacco sarebbe da assimilare al periodo natalizio. Uscito con consapevole ritardo rispetto alla data di produzione, già mitizzato e visto grazie al Mulo (e-mule, per i non introdotti ai piaceri del peer  to peer)  si rivela invece, come correttamente segnalato molti numeri fa dalla bibbia italica del cinema di genere, Nocturno, una piacevole sorpresa da annoverare tra i piccoli film totalmente derivativi che però grazie a un paio di idee forti tengono alto il vessillo del cinema di fantascienza e non sfigurano affatto adempiendo in pieno alla missione che la loro natura richiede: l’intrattenimento.

Il comandante Pyton interpretato da un Dennis Quaid sempre più a suo agio nel partecipare a film di genere a low budget (recentemente lo si è visto nel tamarrissimo “Legion”, puntualmente recensito), si risveglia anzitempo sull’enorme nave spaziale Elysium che dovrebbe portarlo chissà dove e chissà perché. La nave è in avaria, silenziosa e sinistra, e rumori spaventosi provengono dai reconditi interstizi dello scafo.

Pyton entra in contatto con un altro astronauta immemore, il caporale Bower (Ben Foster) e insieme cominciano ad indagare per risalire a ciò che è successo, in quale buco sperduto dello spazio siano finiti e cercare le risposte a tutte le domande che in questi casi (rari) ci si fa. Il chi siamo e da dove veniamo, domande ancestrali che fanno parte della natura dell’essere umano vengono così declinate in salsa fantascientifica delegando alla memoria l’etica delle azioni dell’uomo. Se non ci si ricorda di essere stati cattivi si può cambiare la propria natura? Il fatto di dimenticare può servire a creare una nuova società più giusta, immemore e quindi salva dagli errori passati? Chi lo sa, e soprattutto chi se ne frega.

All’interno dell’astronave in viaggio da secoli, si scopre (e poi non dico altro) che c’è qualcosa che non va, l’evoluzione non sottostà ai capricci della scienza degli umani,  la missione rischia di fallire e con essa molto di più di un semplice viaggio intergalattico. E’ opportuno non dire nulla di più sulla trama poiché una messa in scena solida e artigianale  nasconde un bel finale che risolve tutto con coerenza.

“Alien” ha fatto scuola in termini di estetica fantascientifica,  la nave spaziale nella sua complessità strutturale non raggiunge le declinazioni metafisiche e organiche del Nostromo ma rimane comunque un luogo oscuro, sconosciuto agli stessi astronauti, un cargo che ha nella varietà di ambienti il suo fascino sospeso tra la biomeccanica di” Matrix”  e il realismo  fantascientifico dell’oggetto-nave industriale già compromesso dall’uso, sporco e obsoleto. I richiami oltre ai già citati Alien e Matrix sono da attribuire soprattutto a “Event Horizon - Punto di non ritorno” di Paul W. Anderson – che guarda un po’, qui produce e assiste il regista tedesco Christian Alvart -  che assimila  il delirio che affliggeva Sam Neill alla sindrome schizofrenica che sconvolge gli astronauti troppo esposti a viaggi nello spazio, il Pandorum del titolo. L’onirismo si fonde con la realtà formandone una parallela, il tema del ricordo del passato si alterna all’azione del survival movie incastrato in una serie di zone – livelli – stanze- che acuiscono la dislocazione sensoriale e il senso di claustrofobia alla “The Cube” di Vincenzo Natali e forse la parte centrale così strutturata risulta un po’ confusa rallentando il ritmo ma è un difetto trascurabile visto comunque il fascino che riesce a generare. 

Film derivativo si diceva, in effetti in “Pandorum” non c’è nulla di nuovo ma il già visto è rifatto molto bene,  la tensione che si respira è genuina e le derive horror nelle quali si sprofonda rendono ancora più interessante tutta l’avventura. Soprattutto è un film fieramente di genere, non dovendo pagare dazio ad alcuna regola commerciale presenta situazioni e sviluppi narrativi liberi da pruderie politicamente corrette, personaggi duri e puri e una massiccia dose di azione ben diretta. Ciò che Hollywood fa sprecando soldi in farlocchi effetti speciali stemperando la fisicità della materia in ricostruzioni digitali fredde e  rassicuranti, Pandorum lo fa con la scenografia, la fotografia cupa e espressionista, la messa in scena e il coraggio delle produzioni indipendenti. Non è sicuramente un capolavoro ma avercene di film di genere fatti così.

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