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Capitalism: a love story

Regia di Michael Moore vedi scheda film

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La recensione su Capitalism: a love story

di FilmTv Rivista
6 stelle

Il vento rosso del New Deal ha soffiato sulla Mostra di Venezia 2009 all’arrivo di Michael Moore, che ai tempi del maccartismo sarebbe stato un “blacklisted”. Il suo Capitalism: A Love Story, passato in concorso, è la più clamorosa dichiarazione contro il sistema politico-economico americano dai tempi di Franklin Delano Roosevelt, quando i “rossi” si permettavano di dichiarare: «Era spuntato un nuovo giorno per il movimento americano. Non eravamo più solo comunisti, eravamo di nuovo americani». Così il regista Oscar 2002 (Bowling for Columbine) e Palma d’oro 2004 (Fahrenheit 9/11) alza il tiro (non c’è più il suo target preferito, George W. Bush) e affronta i danni tutt’altro che collaterali del capitalismo. Corporation e banche, ecco i protagonisti della più grande crisi dopo quella del 1929 che ha mandato a picco il Paese. Moore con la sua solita leggerezza e la frenesia dell’azione ci strascina nei meandri della catastrofe subprime, un capolavoro della finanza a fini di profitto. Non il frutto di un mercato incontrollato, ma il dispiegamento virtuosistico della macchina capitalista. Michael ci descrive da comico feroce uno strano Paese nel quale ogni 7 secondi una casa viene pignorata, 14 mila persone restano senza lavoro, l’1% ha tutto, il 99% niente. Ed ecco le sue interviste celebri, gli appostamenti, le trovate spettacolari, come quella di avvolgere l’intero edificio di Wall Street con il nastro giallo usato dalla polizia sul luogo del crimine. Eccolo che corre di banca in banca con un sacco aperto per esigere il maltolto ai cittadini. «Sono un essere umano e sono stanco - ha detto il regista - non può ricadere tutto sulle mie spalle o su quelle di Barack Obama. La gente deve svegliarsi e partecipare in massa». La lezione è ancora quella di Roosevelt, al quale Moore dedica uno dei momenti più commuoventi del film («a questa scena, gli americani piangono»). Parla il presidente del New Deal in un rarissimo documento registrato poco prima della sua morte (1944) e annuncia una seconda carta dei diritti contro i trust, i monopoli, l’ingordigia del mercato. La Love Story è finita. Gli americani a caccia di felicità, secondo la Costituzione, ora si sono innamorati di Michael Moore.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 43 del 2009

Autore: Mariuccia Ciotta

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