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Mammoth

Regia di Lukas Moodysson vedi scheda film

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La recensione su Mammoth

di maurizio73
6 stelle

Mentre la giovane coppia borghese di New York per cui lavora è temporaneamente separata per gli impegni del marito in trasferta d'affari in Thailandia, la domestica filippina Gloria si prende cura della loro figlia Jackie, soffrendo tuttavia per la lontananza dai suoi due figli ancora piccoli affidati alle cure della nonna materna al paese natio. Quando il più grande dei figli di Gloria subisce le violenze di un pedofilo che lo riduce in fin di vita, lei è costretta ad abbandonare il suo lavoro per far ritorno nelle Filippine. Nel frattempo anche il padre di Jackie fa ritorno a casa ricongiungendosi con la sua famiglia.

 

Locandina internazionale

Mammoth (2009): Locandina internazionale

 

Seguendo le direttrici sociali ed economiche di due mondi distanti che si avvicinano tra loro a passo lento di Mammuth senza mai sfiorarsi veramente, il penutimo film dello svedese Lukas Moodysson allarga ancora di più il suo sguardo critico sulle storture di una modernità globalizzata all'alba del terzo millennio di quanto non abbia fatto nelle sue più importanti opere precedenti (Fucking Åmål - Il coraggio di amare 1998 e Lilja 4-ever 2002) e presentandoci un racconto che si sviluppa lungo due linee narrative che ricalcano il modello di una coralità geo-politica che lo avvicina al respiro civile del cinema di Inarritu (Babel 2006).

 

 

Storia di destini incrociati sul filo di una coesistenza dettata dalle crudeli logiche dell'economia di mondi in continua osmosi tra loro (una palla da basket prodotta nelle Filippine a costi bassissimi e venduta a New York ad un multiplo del suo valore fa ritorno alla base nei desideri consumistici di un bimbo del terzo mondo), il film di Modysson si fa esemplare e conciliante nel presentare le inconciliabili contraddizioni tra le esigenze del cuore e quelle del conto in banca, presentando la storia di due famiglie in cui, in un modo o nell'altro, le esigenze lavorative sembrano un ostacolo al raggiungimento di quella felicità candidamente mostrata nel giocoso quadretto familiare dell'incipit e che sembra idealmente chiudere la narrazione stessa. Laddove al taglio realistico ed alle contaminazioni pop dei suoi film precedenti si rileva una maggiore attenzione per la costruzione della storia e per il significato dei suoi risvolti politici, l'autore svedese procede con una struttura narrativa dal retrogusto candidamente didascalico nel presentarci una galleria di personaggi che si incastrano perfettamente tra loro: una madre-chirurgo che salva le vite di piccoli disagiati provvede indirettamente al futuro dei figli di una madre-badante che cura l'educazione e i bisogni della figlia della sua datrice di lavoro; un padre coscienzioso e fedele cerca di riscattare dal mestiere più antico del mondo una giovane e bella prostituta Thailandese che deve pensare al futuro della figlia ancora piccola; la giovane figlia della coppia borghese che si appassiona alla lingua misconosciuta e minoritaria della sua premurosa badante filippina; e così via discorrendo.

 

 

 

 

Non ostante questi limiti legati più alle finalità civiche del discorso di Moodysson che alla prevedibilità dell'approccio narrativo, resta intatta la verità spiazzante degli argomenti trattati ed il realismo virtuoso di una storia dove il flusso di denaro sembra inversamente proprorzionale a quello dei sentimenti e dove la sensibilità descrittiva cerca (non sempre riuscendovi) di accostarsi più al valore umano dei sentimenti e dei caratteri che alla forza di principio delle sue argomentazioni politiche. In concorso per l'Orso d'oro al Festival internazionale del cinema di Berlino del 2009.

 

 

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