Regia di Davide Manuli vedi scheda film
Rilettura di Aspettando Godot di Beckett in chiave moderna: fotografia chiarissima e lucidissima in una natura spoglia e semi-disabitata, intermezzi molesti di musica techno ed una serie di personaggi strambi, portatori ciascuno della propria verità e, probabilmente, nessuno di una sola Verità. Cosa funziona: appunto la fotografia (Tarek Ben Abdallah), pesantemente debitrice degli scenari desolanti della Sicilia di Ciprì e Maresco (qui ci siamo semplicemente trasferiti sull'altra grande isola italiana: siamo in Sardegna); soltanto parte del cast (Gifuni è il nome di punta, mentre nel duo protagonista fra Luciano Curreli e Jerome Duranteu è il francese ad avere la meglio); le due comparsate, cioè quella di Paolo Rossi, breve e racchiusa in uno schermo televisivo, e quella di Freak Antoni, che torna più volte come oracolo canterino dispensatore di pillole di saggezza demenziale. Cosa non funziona: i dialoghi eccessivamente dispersivi, che tentano di ricalcare appunto Beckett, ma in sostanza non vanno molto oltre a brevi estratti di monologhi fra l'incomprensibile e, talvolta, pure il pretenzioso; il ritmo soporifero che fa sembrare ottanta minuti scarsi di film una proiezione infinita. E allora si prenda questo primo lavoro di Manuli come valido sprone per 'fallire ancora e fallire meglio', citando la chiosa finale proprio di Beckett. 5/10.
Due girovaghi in una landa desolata: chi stanno aspettando? O chi sta aspettando loro? Il tempo passa, i due incontrano anche qualche folle abitante del luogo, ma rimangono sempre soli ed in vana attesa...
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