Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Manoel de Oliveira trae ispirazione da una classica storia di amori contrastati per proporre un interessante esperimento sulla trasposizione cinematografica della letteratura. Il principio messo in pratica sembra essere questo: il film non sostituisce il romanzo, ma si limita ad interpretarlo. In particolare, non ne stravolge i canoni espressivi, ricostruendone l’azione con le risorse dinamiche e visive della ripresa, come, ad esempio, il cambio di angolazione o lo stacco sul dettaglio. “Amore di perdizione” conserva, del libro da cui è stato tratto, non solo la suddivisione in capitoli, ma anche la tradizionale struttura del racconto scritto, che è composta di tre elementi fondamentali: la narrazione, la descrizione ed il discorso diretto. La narrazione è affidata ad una voce fuori campo, che rappresenta la prospettiva dell’autore, esterno ed equidistante rispetto ai personaggi. La descrizione è basata sull’immagine, a cui spetta il compito di fornire dettagli aggiuntivi, presentare l’ambientazione e, in generale, offrire stimoli che aiutino l’immaginazione di chi guarda, esattamente come le illustrazioni che accompagnano un testo. Il discorso diretto è la componente sonora a cui l’immagine fa da supporto, al fine di chiarire l’identità degli interlocutori e le circostanze del dialogo: in questo film l’immagine, di fatto, funge per lo più da substrato statico, come le figure di un fumetto, che servono, quasi sempre, soltanto da punto di partenza e da sfondo dei “balloon”. Questa pellicola, in definitiva, parla, ma restando ferma e distaccata, proprio come la pagina di un libro; mentre lo spettatore, al pari di un lettore, è chiamato a far muovere la mente, ricreando in sé il flusso dei pensieri e delle emozioni che dà vita e continuità alla sequenza delle frasi e dei paragrafi (leggi: delle inquadrature e delle scene) i quali, di per sé, sono chiusi dentro i loro rigidi schemi sintattici.
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