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Un héros très discret

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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La recensione su Un héros très discret

di joseba
8 stelle

Lambersart (Nord della Francia), 1930. Albert Dehousse ha 12 anni: di suo padre non ha conosciuto che un ritratto, l'immagine di un soldato morto sul campo di battaglia, l'eroe della famiglia. Sua madre non smette mai di lamentarsi della solitudine e della mancata assegnazione di una pensione di guerra per la morte del marito. Nella sua cameretta piena zeppa di libri e soldatini, il giovane Dehousse nutre ambiziosi sogni di gloria, che devono però fare i conti con una realtà diametralmente opposta a quella fantasticata. Dopo una sfilza di cocenti delusioni, Albert, fuggito a Parigi nel settembre del 1944, escogita un metodo tutto suo per diventare un eroe: spulciando accanitamente libri e giornali, si costruisce un passato da clandestino a Londra e si intrufola negli ambienti militari più influenti della Liberazione. E' così che, spacciandosi per un audace militante, nell'estate del 1945 fa il suo ingresso ufficiale nella Resistenza senza mai aver messo piede in Inghilterra o aver mosso un dito contro i nazisti. Da questo momento la sua carriera di impostore spicca il volo, fruttandogli il grado di colonnello e il prestigioso incarico di comandante dei servizi di "Azione Psicologica" (lavoro di propaganda e smantellamento delle reti di resistenza nazista) stanziati a Baden-Baden, in Germania. Secondo lungometraggio del quarantaquattrenne Jacques Audiard, "Un héros très discret" è una commedia cosparsa di situazioni drammatiche sui sogni di gloria di un uomo in bilico tra mitomania e genialità sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Premiato al Festival di Cannes nella categoria Migliore Sceneggiatura, il film di Audiard è al tempo stesso il ritratto di un adorabile imbroglione e una rilettura scherzosamente parodistica dei classici del genere (l'impasto di commedia e dramma non può non far pensare alla "Grande illusione" di Jean Renoir, a "Stalag 17" di Billy Wilder" o a "L'ultimo metrò" di François Truffaut). Particolarmente impressionante l'impaginazione narrativa: adattando il romanzo omonimo di Jean François Deniau dell'Académie Française, Audiard, affiancato in sede di sceneggiatura da Alain Le Henry (già cosceneggiatore di "Regarde les hommes tomber"), mischia ripetutamente le carte in tavola, alternando dichiarazioni dell'Albert Dehousse anziano (Jean-Louis Trintignant), interviste a presunti testimoni oculari della vicenda (girate in chiave documentaristica), autentiche immagini d'archivio e sequenze di finzione vera e propria. Ne scaturisce uno spartito filmico spiazzante, imprevedibile e persino contraddittorio, ulteriormente impreziosito da una voce narrante confidenziale e da trasognate parentesi surreali in cui in cui la figurina di Albert dodicenne (interpretato da David Fernandes) vola sulle ali della fantasia accompagnato da un piccolo ensemble di archi. Il rischio "vezzosa carineria" è sempre in agguato, ma Audiard schiva agilmente la caricatura e la ruffianeria grazie alle continue variazioni di tonalità e alla recitazione in underplay di Mathieu Kassovitz, semplicemente perfetto nel rendere i vari stati d'animo del suo sfaccettatissimo personaggio. Con un dettato narrativo così polifonico i risvolti metaforici ovviamente si moltiplicano: Albert Dehousse rappresenta al tempo stesso un impostore opportunista e un personaggio che esemplifica la necessità di fare fronte agli insuccessi della vita e reinventarsi continuamente, cercando spazi in cui essere utile (come dimostra la sua abilità nello smantellare una rete di miliziani tedeschi durante il comando a Baden-Baden). Su un piano più circostanziato dal punto di vista storico, la collocazione nel contesto della ricostruzione postbellica rimanda all'esigenza tutta francese di riconquistare una dignità nazionale dopo l'onta dell'Occupazione tedesca e del collaborazionismo del governo di Vichy (il maresciallo Pétain e i suoi funzionari sono naturalmente citati più volte nel film). E, a un livello ancora più generale, la capacità esibita da Albert nel calarsi con sempre maggior convinzione in finzioni credibili (dapprima si finge scrittore di talento copiando romanzi altrui, poi si improvvisa rappresentante di prodotti tessili per evitare la coscrizione e infine si spaccia per membro della Resistenza) suggerisce il lavoro dell'attore da una parte e il meccanismo illusionistico del cinema dall'altra. Tre piani di lettura che si intrecciano e intersecano vertiginosamente, rendendo la visione di "Un héros très discret" un ininterrotto esercizio di dinamismo spettatoriale tanto funambolico quanto avvincente. Un autentico delitto che non sia stato distribuito in Italia.

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