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Il dubbio

Regia di John Patrick Shanley vedi scheda film

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La recensione su Il dubbio

di scandoniano
8 stelle

Il “dubbio” a cui si accenna nel titolo è il seguente: è l’idea di misericordia religiosa di padre Flynn a muoverlo verso il piccolo ed indifeso Donald, oppure sono i suoi barbari istinti sessuali, tanto da farne un lupo al cospetto della più facile delle prede?

Il soggetto è semplice, la sceneggiatura decisamente più complessa. Non a caso, è proprio lo straordinario, perenne esercizio di equilibrismo nella scrittura, che non si risolve nemmeno con l’ultima scena (un’operazione alla “Shutter Island”, per intenderci) a rappresentare il vero fulcro del film, la sua ragion d’essere. E il dubbio, inteso come quesito, su cui tutta l’architettura si regge, è sostenuto a più riprese (il sermone iniziale di Padre Flynn, la confessione finale di suor Aloysius, lo smarrimento della povera madre di Donald). Il tutto in un’atmosfera lugubre, cupa, alimentata da un perenne punto di domanda che aleggia su tutti i personaggi, specie sulla giovane ed ingenua suor James (il cui punto di vista è similare a quello dello spettatore), la quale fa da testimone inerme, incapace di risolverlo quel dubbio, addirittura talvolta pronta a difendere una delle due posizioni, senza averne comunque la certezza (ma soltanto forse perché Padre Flynn, maestro di sermoni, ha un’eloquenza più persuasiva). Per reggere una struttura così complessa, occorreva un’operazione di casting di prim’ordine. Amy Adams, in un ruolo complicato, è l’ago della bilancia tra i due poli religiosi, rappresentati dalla vecchia suor Aloysius (una Meryl Streep che non sbaglia un’espressione) e il prete progressista Flynn (un Philip Seymour-Hoffman in versione sfinge, come il suo personaggio imponeva). La sequenza chiave e più intensa del film porta a galla anche Viola Davis, madre del piccolo Donald, che intrattiene un lungo e significativo dialogo con l’anziana suora, da cui scaturiscono messaggi molto chiari sull’interpretazione degli autori sul rapporto tra mondo ecclesiastico e vita reale.

Molto ben fatta l’ambientazione: il Bronx degli anni’ 60, ancora lontano da quel quartiere all-black che diventerà in seguito, imprescindibilmente legato all’importanza della Chiesa come “istituto” per un’intera comunità sociale, coi sermoni di padre Flynn come gli odierni “main events”, eventi imprescindibili per non rimanere fuori dalla comunità, tema dominante per un’intera settimana.

Sul piano meramente artistico, il film è uno splendido affresco che fa della fotografia perfetta, dettagliatissima, un fulcro peculiare, qualcosa di decisamente ricordevole e caratterizzante che si chiude con un fotogramma che pare un quadro espressionista.

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