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Flash of Genius

Regia di Marc Abraham vedi scheda film

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La recensione su Flash of Genius

di mc 5
10 stelle

Io comincerei intanto con l'interrogarmi su quanto senso possa avere buttare sul mercato in modo così desolante e cialtrone una pellicola dal potenziale commerciale non indifferente. In questa stagione morta (neanche i vecchi sciagurati horror estivi ci fanno più compagnia d'estate...) abbiamo già registrato con piacere l'apparizione di gioiellini come "Ghost town", "Adventureland", o "Niente velo per Jasira", che erano accomunati, oltre che dalle poche copie distribuite, dal possedere quel marchio di fabbrica o comunque quel certo sapore da prodotto indipendente. Nel caso di "Flash of genius" invece, ci troviamo di fronte ad una pellicola uscita in un rispettabile numero di copie e dunque presente in parecchie multisale. Ma buttato lì in una stagione in cui la gente va al cinema solo per Harry Potter o per il superpompato "Sex Movie", e peraltro nemmeno accompagnato da uno straccio di promozione, beh, questo modus operandi lo collego ad una sola parola: "spreco". Ed è un vero peccato, perchè questo è uno di quei film che possono essere apprezzati sia dal cinefilo che frequenta quel genere di film che definiremo per comodità "stile Sundance", sia dal pubblico massificato e imbottito di televisione. A dirla tutta, neanche la critica sta dando una mano, a giudicare dalle prime recensioni che ho raccolto in rete, quasi tutte improntate, seppur con toni sfumati e variegati, ad un senso di delusione. E ciò, se permettete, mi provoca anche un discreto malumore. Ma come, scherziamo? Con tutti i prodotti scemi e stupidini che infestano le sale, i critici adesso si mettono anche a far le pulci ad un film coraggioso, sensibile e dignitoso come questo, invece di aiutarlo e "spingerlo" con ogni mezzo??! Non ho problemi ad affrontare chi, ancora una volta, mi muoverà l'accusa di essere "di manica larga", ma intendo, qui ed ora, affermare che questo film è splendido. E che la storia che ci racconta (rigorosamente autentica) è appassionata ed appassionante. Ed è principalmente merito di questa "passione" se le due ore di durata non si percepiscono affatto con fatica. Anche se sulle (già note ma qui consacrate definitivamente) qualità d'attore del protagonista  mi soffermerò più avanti, vorrei qui soltanto segnalare come sia la seconda volta che Greg Kinnear partecipa da protagonista ad un progetto cinematografico che rappresenta un esplicito atto d'accusa nei confronti delle Corporations. Chiaro che mi sto riferendo a quel piccolissimo prodotto indipendente che era "Fast food nation", altro film bastonato dalla critica ma che io avevo a suo tempo apprezzato parecchio e in cui venivano attaccate le multinazionali dell'alimentazione. In fondo il film non è in sè nulla di particolarmente innovativo o "speciale". La solita storia di un uomo tradito dal Sogno Americano, e che cade ma poi risorge. Ma non è tutto così lineare. Intanto uno dei suoi punti di forza è proprio il suo percorso classico, semplice, senza guizzi o snodi narrativi sorprendenti. E anche la trama -che ognuno può leggere sunteggiata all'estremo sul flyer del cinema- quella è, proprio come uno se la immagina. Ma attenzione, sono altri gli elementi che entrano in gioco. Per esempio lo sguardo con cui vengono osservati i personaggi e lo sfondo possiede uno stile che qualcuno ha definito (e io mi associo in pieno) "coppoliano". La mano felice nel raccontare, dosando sapientemente le emozioni senza ricattare furbescamente il pubblico, il travaglio interiore di un uomo che, all'improvviso, vede calpestato il proprio orgoglio ma che poi, facendo appello a tutte le sue residue risorse psicofisiche, riesce a non deprimersi definitivamente ed anzi a contrapporre la propria fortissima dignità alla menzogna e alla prepotenza di chi vorrebbe annientarlo. Non è facile raccontare un dramma di sentimenti, soprattutto se lo si fa in modo equilibrato, con un occhio alle esigenze commerciali e con l'altro attento a non esagerare con l'agiografia del protagonista ma, anzi, cogliendone le debolezze e la fragilità. L'aspetto più riuscito del film, infatti (e questo lo si deve accreditare alla concomitanza fra una buona sceneggiatura e le magnifiche doti d'attore di Kinnear) è proprio questo dare conto allo spettatore della straordinaria e drammatica METAMORFOSI che un uomo assolutamente comune e normale si trova a dover subire di fronte ad una "tempesta" di eventi negativi. Kinnear riesce dunque a rendere partecipe in modo appassionato lo spettatore del processo di trasformazione che lo investe drammaticamente. E  dev'essere stato impegnativo per lui vestire dapprima i panni dell'uomo medio americano, un uomo entusiasta che ama il proprio Paese in quanto gli permette di realizzare il "suo" Sogno Americano. Ma poi a questo uomo ne subentra presto un altro che si vede crollare il mondo addosso, un animale ferito e confuso, ma che poi riesce con fatica a rialzarsi e a combattere una battaglia ragionevolmente persa in partenza, data la sproporzione fra lui e il "nemico". E queste fasi di cambiamento noi riusciamo a leggerle negli occhi di Greg Kinnear, noi testimoni del mutare del suo sguardo e dei suoi movimenti, che non sono più quelli di prima, ma che si fanno lenti, affannati, faticosi, dolenti, e rivelatori di come egli abbia profondamente somatizzato le sue dolorose vicissitudini. Anche qui, sfidando chi mi accuserà di eccessiva generosità, non ho difficoltà a reputare questa di Greg Kinnear una interpretazione all'altezza di una candidatura all'Oscar. A questo aggiungiamo poi che la curiosa presenza in contemporanea del buon Greg nelle nostre sale con ben tre film diversi (ed altrettanti ruoli assolutamente differenti) è la lampante dimostrazione della sua versatilità d'attore. La vicenda è quella di un professore universitario americano (Bob Kearns) con la passione delle invenzioni e che intende brevettare una sua idea di un "tergicristallo ad intermittenza". Fa dunque le prime mosse e, siccome conosce la voracità e l'avido cinismo delle Corporations automobilistiche, agisce con accortezza ed usando le necessarie cautele nel proporre la sua invenzione. Ma la prudenza non basterà, perchè, con tecnica subdola e lontana da ogni scrupolo morale, la Ford gli frega letteralmente la sua idea, umiliandolo irrimediabilmente. Dapprima cerca di reagire, di trovare una soluzione, ma quando realizza che sta combattendo davvero contro i mulini a vento, perfino un essere razionale come lui, ha un cedimento psicofisico, un crollo nervoso che pare fatalmente piegarlo in modo irreversibile, soprattutto -questo è il punto che lo fa soffrire di più- quando si vede abbandonato da quella moglie e da quei figli che fino quel momento lo avevano sempre supportato incondizionatamente. Eppure Bob riesce, scavando nelle sue risorse più remote, a ritrovare la moglie e a riconquistare la preziosissima fiducia dei figli, e questo recupero d'affetti gli infonderà la necessaria energìa, tanto che non solo reagirà alla depressione ma sfiderà pubblicamente dirigenti e colletti bianchi della Ford in un regolare processo che, coi suoi toni incredibilmente tesi ed appassionati da legal-thriller, tiene inchiodati gli spettatori alla poltrona nella lunga fase finale del film. Un film intenso e capace di scatenare emozioni (durante il dibattimento in tribunale il pubblico è portato a fare davvero il tifo per Bob...) ma che si accompagna all'amara considerazione che, se fosse stato proposto in altra stagione cinematografica, avrebbe avuto ottime possibilità di rappresentare una scommessa vinta al botteghino. Come diceva il noto regista: "continuiamo così, facciamoci del male". Detto della straordinaria performance di Kinnear, resta ora da da segnalare l'ottima prova di Lauren Graham, nello splendido e non facile ruolo della moglie di Bob. La Graham è fantastica nel tratteggiare questa donna ordinaria quanto tenace, comprensiva, sensibile, ma anche assalita dal dubbio, che ama il marito ma che lo sente sempre più lontano e vive il dramma di non poterlo ora più aiutare, dopo una intera vita di coppia spesa in perfetta intesa e nel corso della quale sono stati concepiti tanti figli (a un certo punto si perde il conto di quanti siano questi figli, tanto la prole è numerosa!). Ma, visto che si parla d'attori, non posso non omaggiare, rendendogli il mio personale tributo di stima, un attore che io ho sempre inquadrato nell'ottica di un signore distinto ed impeccabile (nonchè veterano di Hollywood): il grandissimo Alan Alda, che qui impersona un avvocato, in un ruolo tutto sommato ridotto, ma che il suo magico talento riesce a rendere assolutamente formidabile (in particolare c'è la sequenza di un dialogo fra Alda e Kinnear che si svolge al tavolo di un ristorante, e che si trasforma in un clamoroso saggio di bravura da parte dello stesso Alda). In questo film poi, c'è un'altro "personaggio" che riveste un "ruolo" importante: le virgolette sono perchè non si tratta di un attore ma di un elemento comunque fondamentale...la pioggia. Elemento-chiave ricorrente, per evidenti motivi legati all'invenzione del protagonista. A questo punto, dopo aver raccomandato a tutti la visione di questo film, mi viene naturale concludere con un pensiero che sembra "studiato apposta" ma che in realtà è un'autentica coincidenza. Dopo almeno un paio di settimane di sole e di afa insopportabile, ieri sera, quando sono uscito dalla sala, ho accolto con soddisfazione una pioggia a lungo invocata e necessaria. E, questo è il punto, quando ho messo in azione il tergicristalli regolandolo sulla giusta intermittenza, non ho potuto fare a meno di pensare a Bob Kearns che lo ha inventato e a questo bel film. 
Voto: 10

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