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L'agente segreto

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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La recensione su L'agente segreto

di mm40
4 stelle

E' il 1936, Hitchcock aveva già un'ottima padronanza della macchina da presa e degli stratagemmi della suspence, da una decina d'anni licenziava lavori di prim'ordine (alternati ad altri meno riusciti, chiaramente) ed era a un passo da firmare i suoi primi riconosciuti capolavori (La signora scompare è di due anni più tardi, Rebecca la prima moglie di altri due). Eppure con L'agente segreto, titolo italiano alternativo - ben poco fantasioso - Amore e mistero, Hitch dà vita a uno dei suoi film più banali e meno intriganti, nonostante si tratti di un giallo-thriller dai numerosi colpi di scena, dai personaggi assolutamente funzionanti e dai dialoghi ficcanti. Ciò che non va è però l'impianto di fondo della storia: prevedibile dal primo minuto, farcita di luoghi comuni del genere, tutt'altro che coinvolgente. E qui sta il talento dell'autore (in opposizione alla piatta aderenza alla sceneggiatura di un mestierante): Hitchcock riesce a rendere interessante, in qualche modo, anche uno dei suoi film più brutti. Esemplare in tal senso è la breve sequenza nella fabbrica di cioccolato, durante la quale l'azione si svolge esattamente come in un film muto, a causa del forte rumore delle macchine al lavoro: siamo nel 1936 e il sonoro vive da pochi anni; il regista, pur amando sperimentazione e innovazione, è profondamente affezionato al muto e non vede l'ora di omaggiarlo di già, in questo modo. E si consideri inoltre che l'azione si svolge in Svizzera: non sia mai che ci si lasci sfuggire l'opportunità di ambientare una scena in un luogo emblematico - e al contempo decisamente distante dalle situazioni da cartolina - come questo. Insomma: se L'agente segreto è un film mediocre, c'è comunque un signor artista dietro alla macchina da presa e questo è ciò che fa la differenza con una qualsiasi pellicola di spionaggio, intrighi e amori impossibili. Se il lieto fine posticcio è a dir poco irritante, si considerino però le sottili ironie della sceneggiatura del fidato Charles Bennett (che parte da due racconti di William Somerset Maugham): ad esempio quando Marvin mostra una sua foto a Elsa spacciandosi sarcasticamente per 'il cattivo' della storia e nella foto ha aggiunto con il pennarello sul suo volto un paio di baffi (un altro tributo al cinema muto, in cui i personaggi negativi avevano stereotipicamente i baffi); oppure nello scambio di battute, all'inizio del film, appena celebrato un finto funerale: "Lei ama il suo paese?"; "Gli ho appena dato la vita". Poker di ottimi protagonisti: Peter Lorre (che non ha bisogno di presentazioni, ma che comunque aveva già recitato per il regista inglese ne L'uomo che sapeva troppo, due anni prima); Madeleine Carroll (vista ne Il club dei 39 dell'anno precedente); Robert Young (già con Hawks, Fleming e molti altri) e John Gielgud, qui agli esordi e ancora distante dal Cassio interpretato nel Giulio Cesare di Mankiewicz (1953) o dall'Oscar come attore non protagonista 1982, per Arturo di Steve Gordon. Curiosità: nello stesso anno Hitchcock traeva un film da un romanzo di Joseph Conrad intitolato - per una pura coincidenza - L'agente segreto; al film dava però il titolo di Sabotage, che in Italia è arrivato come Sabotaggio. 5/10.

Sulla trama

1916: appena officiato il suo falso funerale, un soldato inglese viene spedito come agente segreto in Svizzera per scovare una spia tedesca. Al suo fianco ha un furbo messicano e una ragazza che deve fingersi sua moglie; l'amore però travolge realmente i due finti sposi, mentre la spia da eliminare latita.

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