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Il vecchio e il nuovo

Regia di Sergei M. Eisenstein, Grigoriy Aleksandrov vedi scheda film

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La recensione su Il vecchio e il nuovo

di steno79
8 stelle

Realizzata a fini propagandistici, come altre opere di Ejzenstejn, La linea generale si trasforma nelle mani del regista in qualcosa di più di un mero veicolo dottrinario : diventa una riflessione accorata su un particolare aspetto dell'attualità sovietica, e un inno poetico al rapporto tra uomo e natura. Contrariamente a quanto sostenuto da molti critici, non si tratta di un'opera minore, anche perchè, dal punto di vista tecnico-espressivo, il linguaggio adottato testimonia di uno sforzo di rinnovamento da parte del regista, soprattutto per quanto riguarda i movimenti di macchina e l'uso della profondità di campo. Il ritratto "positivo" ed edificante della cooperativa agricola e bovina è senz'altro dettato dall'esigenza di compiacere il regime, ma non sarebbe corretto affermare che Ejzenstejn abbia voluto fare soltanto un'agiografia celebrativa della collettivizzazione delle terre, proprio in virtù di quello slancio lirico che ha fatto accostare questo film addirittura alle Georgiche di Virgilio. Difatti, anche se eccessivamente sottovalutato rispetto a un film analogo come "La terra" di Dovzenko, "La linea generale" risulta efficace nella sua dimensione epico-bucolica ed interessante anche nel ritratto della protagonista, Marfa Lapkina, che interpreta praticamente se stessa ed apporta al personaggio un coefficiente di verità per certi versi simile a quello di alcuni attori non professionisti utilizzati durante il neorealismo. Rinunciando quasi del tutto alle astrusità teoriche di "Ottobre", il regista compone spesso sequenze di ampio respiro (tra le altre, la falciatura del grano, la processione per invocare la pioggia e quella, indimenticabile, di Marfa che cerca di arare la terra con una mucca sfiancata dalla stanchezza) culminanti nella trascinante sequenza del trattore che rimorchia tutti i carretti del villaggio per abbattere gli steccati che ostacolano la collettivizzazione. Colpisce il ritratto fortemente negativo dei kulachi (come anche nella "Terra di Dovzenko), ma sulla veridicità o meno di tale rappresentazione non è opportuno soffermarsi in questa sede; è sufficiente osservare che il film non cade praticamente mai nella facile caricatura, neppure nella sequenza al vetriolo ambientata nell'ufficio dove Marfa va a richiedere il trattore per il suo villaggio. Il talento del regista è evidente soprattutto nella composizione dell'inquadratura, nel montaggio spesso frenetico e nell'integrazione dell'immagine con le didascalie, e non fa rimpiangere quello mostrato in altre opere più famose. voto 8

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