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Il vecchio e il nuovo

Regia di Sergei M. Eisenstein, Grigoriy Aleksandrov vedi scheda film

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La recensione su Il vecchio e il nuovo

di sasso67
8 stelle

Uno dei film più travagliati di Ejzenstejn prende le mosse da una frase di Lenin secondo la quale la Russia si deve trasformare da paese contadino a paese industriale. Nel villaggio in cui vive la povera contadina Marfa le situazioni personali sono miserevoli: la gente vive in capanne che a malapena riparano dalle intemperie, piene di fumo e di fango; il lavoro è durissimo e improduttivo, soprattutto senza un cavallo che tiri l'aratro. I kulaki (contadini ricchi) si rifiutano di prestare il cavallo e deridono i poveracci, tra i quali qualcuno tira l'aratro con la forza delle proprie braccia, fino allo sfinimento. Sarà necessario unirsi in un kolkoz, per acquistare ciò che serve in comune: un toro per migliorare la razza bovina, una scrematrice che tiri fuori il burro dal latte, un trattore per lavorare i campi.
Non molti lo capirono all'epoca (il film di Ejzenstejn fu condannato dall'Unione degli Artisti, vicina al regime, e lo stesso regista fu chiamato da Stalin che gli impartì una severa lezione di cinema, figuriamoci un po'!), ma "Il vecchio e il nuovo" è un inno al rapporto tra l'uomo e la natura - non a caso Aldo Grasso dice nel "Castoro" su Ejzenstejn che si tratta delle nuove "Georgiche" virgiliane - che può e deve essere esaltato e rinnovato grazie alle macchine. E non c'è solo questo: tutto il film è permeato e circonfuso, nemmeno troppo velatamente, di sottesi sessuali. Basti pensare alla scena del toro e al "matrimonio" con la vacca, ma anche alla scena della scrematrice che zampilla come se si trattasse di un orgasmo, per arrivare ai pistoni del trattore, al sudore dei contadini che falciano il grano, alla gonna di Marfa strappata per lubrificare il motore eccetera. Ejzenstejn era un grande, e infondeva in ogni film la sua sapiente arte: nel "Vecchio e il nuovo" inaugura l'uso mirabile della profondità di campo (le scene del comizio e della falciatura), utilizza metafore filmiche (la similitudine tra la cavalletta e il trattore e tra la colonna di trattori e una colonia di formiche) e inserisce l'uso di aspetti comici e di satira sociale, proprio quelli che gli costavano le condanne da parte della critica ufficiale. Indimenticabili in questo senso la processione per invocare la pioggia, la bambina che piange alle nozze del toro, il gattino con la collana di fiori, gli impiegati ignavi sotto i ritratti di Lenin e la velocità con cui si mettono in moto quando arriva il commissario politico, il trattorista bello e borioso come un novello Charles Lindbergh e il bimbo che gli sputa quando il trattore si guasta.
"Il vecchio e il nuovo" era stato iniziato da Ejzenstejn nel 1926 e si doveva intitolare "La linea generale". Poi dovette essere interrotto per la lavorazione di "Ottobre" (1927) in occasione del decennale della Rivoluzione, e quando riprese gli fu cambiato il titolo dalle autorità: la linea generale era troppo mutevole e troppo pericoloso era immortalare in immagini quella che un giorno era la linea da seguire e magari il giorno dopo diventava un grave errore politico.

Sulla trama

A dieci anni dalla rivoluzione d'ottobre, la vita dei contadini russi si svolge ancora, da molte parti, come ai tempi degli zar: è necessario un ulteriore passo per arrivare alla collettivizzazione dei mezzi di produzione anche nelle campagne, per avere una maggiore produttività e una vita migliore per tutti.

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