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Il primo giorno d'inverno

Regia di Mirko Locatelli vedi scheda film

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La recensione su Il primo giorno d'inverno

di LorCio
2 stelle

Chi si lamenta di come sia triste Venezia “soltanto un anno dopo”, dovrebbe venire a Chieti, a novembre. Per fortuna frequento la borghese e decadente Chieti assai raramente. Com’è triste Chieti d’autunno, immersa nella nebbiolina fosca ed avvilita nella cupezza della stagione. Potrei parlare della mestizia teatina per ore, ma mi tocca narrare l’esperienza della visione di questo film. Venezia, dicevo. Ed ora mi chiedo: ma come diavolo fanno ad ammettere nella sezione “Orizzonti” della Mostra un film del genere? Voglio la testa del capo della sezione “Orizzonti”. Quale sia l’orizzonte di Il primo giorno d’inverno non l’ho ben capito. È un film privo di qualunque significato. Che non trova le basi su cui appoggiarsi. Sprovvisto di una sceneggiatura, non dico interessante, ma almeno credibile, è ben definibile con una parola: ridicolo. Vorrebbe essere un racconto di formazione alla Dickens, alla Truffaut, alla Olmi, ma finisce soppresso dalla propria pretenziosità: è soltanto un’accozzaglia di luoghi comuni messa in piedi con l’esile struttura del cinema dilettantesco. Locatelli è un esordiente, dobbiamo essere indulgente con lui: il ragazzo crescerà, si farà. “Anche se ha alle spalle strette”, direbbe De Gregori.

 

Ma, sinceramente, è difficile rimanere impassibili di fronte all’estenuante uso di piani sequenza inutili e banali, di movimenti di macchina che aspirano all’intimismo e si limitano alla mano amatoriale dei filmini della cresima. C’è una fotografia che colora cupamente le già abbattute scene che scorrono con l’ambizione di realizzare un racconto di psicologica fattura, ma che risulta essere, alla fine della fiera, l’unico punto a favore della pellicola. Non è un film semplice, come si ostinano a dire certi commentatori: è un film confuso, sostenuto su uno script che regala dialoghi scontati e al limite della lucidità, organizzato con freddezza ingannevole. Non è un film lineare, come, ancora una volta, continuano a sostenere alcuni critici: se la vera morale del film è che il ricatto non può essere il vero riscatto dell’esistenza (e così la vendetta), non si capisce, allora, se sia una discesa agli inferi o una scalata alla redenzione dell’animo.

 

Non è un film lineare perché non si comprende perfettamente quale sia la reale ragione di esistere dell’opera. La latente omosessualità del protagonista e la celata omosessualità dei suoi compagni sono vissute quasi come delle condanne, delle vergogne: sono atteggiamenti intonati con il sentire di un Nord profondamente arretrato, e penso che i due ragazzi che si masturbano sotto la doccia della piscina potrebbero essere rappresentanti di quella borghesia leghista che ipocritamente vive i vizi privati e le pubbliche virtù. Il primo giorno d’inverno è un bellissimo titolo: evocativo, speranzoso, aperto. Peccato che un buon titolo non accompagni un film altrettanto bello. È un esordio irritante, di una comicità involontaria (il pubblico in sala ha spesso riso: e non mi pare che il film sia una commedia), seccante, sgangherato.

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