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Pinuccio Lovero - Sogno di una morte di mezz'estate

Regia di Pippo Mezzapesa vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Pinuccio Lovero - Sogno di una morte di mezz'estate

di MarioC
8 stelle

I sogni sono la più compiuta incarnazione della democrazia, perché non può negarsi ad un sogno, qualunque esso sia, una dignità autonoma e splendente di vita propria. Pinuccio Lovero, quarantenne di Bitonto (assolato e un po’ sonnecchioso angolo di Puglia), desidera fare il custode a livello cimiteriale. Cioè: non vuole andare a sotterrare cadaveri in giro per le strade o nei campi; no, lui vuole proprio dar loro sepoltura come si convenga, con i crismi di una divisa, di una cerimonia, di un effettivo rito di passaggio. Il problema è che, quando Pinuccio riesce a coronare il desiderio di una vita (e di tante morti), nella frazione in cui opera tutti decidono di trasformarsi in arzilli giapponesi e di rinviare sine die l’appuntamento con l’eternità. Così il povero ragazzo, sempre impeccabilmente in divisa e pronto a scattare per rendere i propri servigi, come zelantissimo vigile del fuoco allertato nei modi e tempi più impensati, bivacca inoperoso e si presta, almeno, a rinfrescare i sepolcri di quelli che, prima di poterlo incrociare, furono chiamati all’abbandono terreno. Nel frattempo, impigrito nella snervante attesa di un Godot chiamato trapasso, si dedica a confidenze e riflessioni che in alcuni momenti sfiorano davvero empirei filosofici di primo livello (l’inesorabilità dei nostri destini, la condanna ad amare sempre e soltanto una persona che, il dubbio assale lo spettatore, nemmeno sa del suo sentimento, il parallelismo tra vita e morte e la insospettabile prossimità dei due estremi). Con un linguaggio colorito e semplice eppure di inesorabile comunicatività.

Mezzapesa bracca il suo personaggio e, benchè in qualche istante costeggi il rischio di una sua rappresentazione parodica o troppo marcata, manifesta evidente affetto nei suoi confronti. Ed è l’affetto che naturalmente si deve al candore autistico con il quale Pinuccio racconta se stesso, è l’ammirazione verso la sua totale mancanza di sovrastrutture, è il tepore che può diffondere un’anima ostinatamente uguale ai suoi sogni.  

Naturalmente Pinuccio Lovero è un film soltanto in apparenza leggero, percorso com’è dal filo rosso della morte, concetto magari inafferabile ma con il quale ognuno deve fare i conti. Nella ricerca di dare un senso ad essa, nell’incasellarla in registri, silenziarla in tombe e lapidi, onorarla con il rispetto dovuto a chi se n’è andato, Pinuccio trae linfa per esorcizzare la fine. Avendo capito, come e più di un pensatore classico, che, non potendo alla morte sfuggire, bisogna per forza affrontarla, riderle in faccia, magari offrirle una divisa e addirittura un lavoro che ne riconosca la potenza. Ecco perché si può tranquillamente dire che Pinuccio Lovero è un film/documentario comico-filosofico, a livello cimiteriale e non.

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