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Soffocare

Regia di Clark Gregg vedi scheda film

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La recensione su Soffocare

di Ewan
4 stelle

Mi piacerebbe iniziarvi al misterioso culto delle cosiddette “uscite tecniche”, ovvero film che le distribuzioni decidono di sacrificare in sordina in pochissime copie giusto per sfruttare il fatto che se una pellicola passa per le sale può poi essere venduta a prezzo più alto alle tv. Inseguire quindi certi prodotti diventa una caccia al tesoro di bibliche proporzioni. Chi di voi sapeva dell’esistenza di Soffocare, uscito lo scorso 13 maggio (il weekend di Angeli e demoni) in 10 copie con un risultato al botteghino di miseri 51.000 euro? Ad alcuni di voi forse risulterà familiare come il titolo di uno dei libri più conosciuti dello scrittore americano di culto Chuck Palahniuk, già autore di Fight Club.
La storia è quella di Victor, sesso-dipendente. Studente di medicina fallito, oggi fa il figurante sottopagato in un parco a tema ottocentesco e per potersi permettere un ricovero adeguato per la madre malata in costante perdita di memoria il ragazzo inscena dei finti soffocamenti nei ristoranti facendosi salvare da ricchi signori che, per moto di compassione, lo “adotteranno” elargendogli affetto e denaro. La sua passione per il sesso con gli estranei però continua a creargli non pochi problemi, fino a quando incontra Paige, una dottoressa di stanza nel reparto di sua madre, con il quale scoprirà che il padre ignoto di lui potrebbe essere nientemeno che… Gesù!
Per portare sullo schermo un libro di Palahniuk bisogna essere folli almeno la metà di quanto lo sia lui. David Fincher fece un lavoro egregio in Fight Club… Il problema è che stavolta il nome del regista (e sceneggiatore) è Clark Gregg, attorucolo da quattro soldi, praticamente poco più di una comparsa in varie serie televisive o in qualche film qua e là, al suo debutto dietro la macchina da presa. La rogna maggiore di Soffocare è proprio lui, che confeziona una regia totalmente anonima, stereotipata, alla Neri Parenti, senza alcun guizzo di visionarietà, condizione essenziale per storie di questo genere. Inoltre alcuni fattori cardine del racconto (il rapporto con i suoi “salvatori” del ristorante, ad esempio) vengono soltanto accennati e poi totalmente dimenticati. Forse, vista la mole di materiale, sarebbe stato meglio concentrarsi su un solo aspetto della vicenda piuttosto di creare un minestrone insipido. Peccato per l’ottimo Sam Rockwell nei panni del protagonista, e per la sempre meravigliosa Angelica Huston in quelli della madre, quest’ultima però vittima di un ruolo infelice.

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