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Dead Man's Shoes. Cinque giorni di vendetta

Regia di Shane Meadows vedi scheda film

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La recensione su Dead Man's Shoes. Cinque giorni di vendetta

di Peppe Comune
8 stelle

Richard (Paddy Considine) torna al paese d'origine dopo sette anni trascorsi nell'esercito. Lasciò solo il fratello Anthony (Toby Kebbell), un ragazzo un pò ritardato e molto legato a questo fratello maggiore assai carismatico e con tanto successo nello sport. E' tornato per vendicarsi di una banda di malavitosi locali dediti allo spaccio di droga perchè hanno abusato della debolezza del fratello per sottoporlo a ogni sorta di angheria. Difficilmente avranno scampo Sonny (Gary Stretch) e i suoi scagnozzi, perchè Richard ha una rabbia addosso impossibile da cancellare e difficile da controllare.

 

 

Ambientato in un piccolo paese dell'entroterra inglese (Matlock, nel Derbyschire), tra il verde smagliante di una campagna bellissima e i colori sbiaditi di interni maleodoranti, "Dead Man's Shoes" di Shane Meadows è la bellissima storia di una vendetta annunciata, nata nel ventre molle di una società malata di anaffettività e compiuta con fredda precisione da un figlio della "corona" addestrato a combattere. Un noir sorprendentemente atipico, dove il piano vendicativo messo a punto da Richard non tende verso alcuna velleità spettacolare ma rimane il mezzo per giungere al cuore di un incipiente crisi di valori, con la violenza contro i più deboli a fare da corollario alla mancanza d'amore e la morte dell'innocenza che si accompagna con lineare logicità alle sorti di un mondo non del tutto affrancatosi dall'atavica legge della jungla. L'assenza di vita è quanto emerge con prepotente precisione da questo film, che Shane Meadows è bravo ad inniettare in tutta la sua portata sistemica mantenendosi fedele alle volute (ed evidenti, amio parere) finalità sociali senza cedere al ricatto di una facile e gratuita estetizzazione dell'atto violento ma usando un asciuttezza ed un essenzialità di linguaggio che servono a rendere la morte, più la causa di una dismissione ampiamente "socializzata" dei sentimenti che il frutto di una spettacolarità esibita. Soprattutto nel resoconto ossessivo delle violenze sadica perpretate dai sette membri della banda contro Anthony si evince in tutta evidenza la scelta stilistica voluta dall'autore inglese, immerso in un bianco e nero sgranato che, accrescendo il senso di vuoto che può emergere negli isolati luoghi di provincia, delinea i contorni di un destino inevitabilmente crudele. L'assenza di vita dunque, che è nella noia che arma la violenza del branco e nella perfezione "militarizzata" di Richard, nella sopraggiunta condizione di debolezza della banda che impara a gaurdare la vita avendone finalmente paura e in chi della paura di non farcela a resistere alle sfide della vita ne ha fatto un segno distintivo della propria condizione esistenziale. Richard si muove con la dolente rassegnazione di chi non può perdonarsi l'assenza fraterna, è roso dal senso di colpa per aver abbandonato il fratello, di averlo lasciato in balia di un mondo ostile, e la pena che ritiene essegli toccata in sorte è quella di vedersi trasformato in un mostro, in uno che dispensa paura e morte con una facilità irrisoria, che ha imparato a misurare il valore di una vita grazie all'acquisita necessità di doverla togliere agli altri. Conosce ancora il limite oltre il quale la gratuità di un dolore arrecato provocherebbe una macchia incancellabile, sa che la strada regressiva che ha intrapreso potrebbe farglielo superare quel limite, togliere ogni giustificata motivazione al suo piano di vendetta, e allora chiede di essere fermato, per non diventare del tutto simile ai mostri a cui ha dato la caccia e rendere vano il senso della sua azione : perchè la morte non può e non deve rendere giustizia, ma neanche eguagliare le sorti tra chi sceglie di uccidere per mancanza d'affetto e chi si vede costretto a farlo per troppo amore. Bellissime le musiche e da menzionare la superba prova d'attore di un allucinato Paddy Considine. Grande film.

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