Regia di Simon Brand vedi scheda film
Mettere insieme un manipolo di sconosciuti in un luogo chiuso non è certo una trovata originale. La memoria vola immediata a Dieci piccoli indiani, capolavoro assoluto. E ai recenti Saw, The Cube, Lost, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, se il genere vi è congeniale avete davvero l’imbarazzo della scelta, ma lasciate perdere questo Identità sospette. Qui, in una fabbrica abbandonata, gli estranei di turno hanno perso la memoria. Non ricordano neppure di frugarsi tra le tasche per cercare una patente o una carta d’identità. Una falla nel sistema, e a tratti è la noia. Nel frattempo si rincorrono i sospetti, e il Male si aggira indisturbato tra pareti che non si possono violare. Qualche dettaglio si fa largo nella memoria in flashback ma, se mai paranoia e tensione ci fosse stata, le ripetute incursioni all’esterno fanno precipitare anche la claustrofobia. Ci sono un po’ troppe licenze che dovremmo perdonare all’opera prima di Simon Brand, già regista di video musicali: la provvidenziale fuga di gas che dà vita al tutto e una serie di dialoghi che si rivolgono direttamente allo spettatore, per non parlare del sopracitato documento d’identità. Benvenuti tra i blockbuster estivi.
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